“Giallo” di Dario Argento in anteprima mondiale all`Edinburgh Film Festival: tra modelli americani e debolezze di sceneggiatura
(Dal nostro inviato Massimiliano Schiavoni)
24/06/09 – E` arrivata a Edimburgo l`ultima fatica di Dario Argento, che ritorna al cinema a due anni da La terza madre, e che per l`occasione ha assoldato come protagonista addirittura il premio Oscar Adrien Brody, valido sostegno anche in ambito produttivo. L`intenzione di Dario Argento è forse quella di rendere il suo appeal ancora più internazionale. In terra anglosassone (e americana) il regista romano è ormai da anni oggetto di culto, ma ciononostante (tranne qualche caso sporadico, come Trauma o Due occhi diabolici, o altre coproduzioni europee), pur facendo spesso ricorso ad attori stranieri, la sua produzione ha sempre avuto un marchio fortemente italiano. Stavolta, invece, l`impianto è volutamente in grande, per la partecipazione di Adrien Brody ed Emmanuelle Seigner, per la coproduzione, per la sceneggiatura, approntata da Argento con Jim Agnew e Sean Keller, prossimi collaboratori del nuovo progetto di John Carpenter L.A. Gothic.
L`accusa più frequente di molta critica ai film di Dario Argento degli ultimi 15 anni è di aver perso smalto e ispirazione, di non aver mai avuto gran polso (o semplice interesse) nel dirigere bene gli attori, di essere un autore un po` in eterno ristagno. Stavolta la situazione è molto diversa. Giallo non è un Argento truculento e sanguinoso come spesso ci ha abituati, anche nelle sue opere meno riuscite. E` quasi un puro e semplice poliziesco, in cui cade la struttura whodunit che ricorre nei suoi gialli, e ci si avvicina di più alla struttura di caccia all`uomo in stile americano (Il silenzio degli innocenti, i vari collezionisti di ossa o altro, insomma il classico thriller americano di detection e caccia al serial killer, di cui conosciamo l`identità fin dall`inizio). La violenza è ridotta quasi a zero; troviamo sì ancora qualche esplosione di ferocia, ma assai blanda e “telefonata”. Non ci sono spaventi, non c`è ribrezzo. Semmai, nel profilo del serial killer e nelle sue metodiche, risuona lievemente la tendenza al torture movie di recente produzione americana (Saw, Hostel e tutti i loro discendenti). Resta, insomma, la struttura di un poliziesco, in cui si cerca di caratterizzare il personaggio dell`ispettore, sfruttando l`occasione di avere un grande attore a disposizione e dandogli un passato pesante e qualche cenno di tormento individuale. La confezione è molto accurata, la fotografia (di Frederic Fasano) assai preziosa, e la tecnica di Argento è tuttora fuori discussione. Ma l`insieme, comunque, non convince. Nell`adozione del linguaggio del thriller propriamente americano il regista ha perso un po` il se stesso che tutti quanti conosciamo, e, se ciò di per sè non sarebbe un problema (con gli anni gli autori possono e devono cambiare), non è nemmeno giunto a una propria rilettura personale del genere. Giallo, così com`è, è un ibrido un po` inerte. Contribuisce a questo anche lo stesso personaggio del serial killer, volutamente grottesco e sopra le righe, che spesso suscita vere risate e non mette mai paura. Così come, se si nota una maggior cura del solito nel trattamento del protagonista, d`altro canto il personaggio di Emmanuelle Seigner non aiuta minimamente l`attrice a evitare i rischi del ridicolo involontario (durante la proiezione stampa era puntuale un boato di risate a ogni sua singola battuta). Il vero difetto è nel manico, nella struttura narrativa, nella piattezza dello sviluppo delle indagini, anche un po` nella goffaggine di dialoghi tutti in inglese per una storia ambientata in Italia con protagonista un ispettore italiano.
Adrien Brody fa quel che può, e infonde pure una certa intensità al suo personaggio. Se però Argento è spesso criticato per la sua scarsa abilità di direttore d`attori, questo film dimostra che ciò è secondario. Nemmeno in Profondo rosso, l`autentico capolavoro di Argento, trovavamo dei capi d`opera di recitazione, ma la struttura narrativa era un congegno perfetto, la paura era tanta, così come la suspense e il ribrezzo. Nonhosonno, uno dei suoi film più contestati proprio per la qualità della recitazione, godeva però di un meccanismo narrativo molto intrigante. Giallo non è recitato malissimo, ma soffre di una debolezza narrativa decisiva per la riuscita del film. E, in ultima analisi, pare di assistere a una lieta vacanza di un grande autore, che dopo anni di fatiche si è preso una pausa per girare un telefilm americano. A domani.
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