Sulla carta l’idea è perfetta: unire il western alla fantascienza prendendo gli elementi più essenziali e caratterizzanti di entrambi i generi. In due parole, appunto, cowboy e alieni. E almeno nella sua parte iniziale, il film firmato da Jon “Iron Man” Favreau sembra imboccare la strada giusta. L’incipit procede con movimenti di macchina lenti e fluidi, certo molto diversi dal grande cinema sia alla John Ford che alla Sergio Leone, ma comunque capaci di far respirare un po’ l’aria mitica della frontiera, dei suoi grandi spazi e della legge del più forte. Funzionale anche l’entrata in scena degli extraterrestri, con la classica devastazione portata dagli attacchi delle astronavi e con il brivido dell’incontro ravvicinato con uno di essi all’interno di un ambiente buio e labirintico, nella migliore tradizione di Alien. Interessante inoltre l’impianto narrativo su cui si costruisce l’intreccio: il protagonista, Daniel Craig, si risveglia in mezzo al nulla, privo di memoria e con uno strano bracciale metallico apposto al braccio. Solo all’arrivo nella cittadina di Absolution, in cui spadroneggia l’arrogante ex-militare e grande proprietario di bestiame Dolarhyde (Harrison Ford), scopre di essere in realtà un pericoloso criminale su cui pende una cospicua taglia. Recuperare la memoria e l’identità perduta non gli servirà però solo a ritrovare se stesso, ma anche a scoprire il covo degli alieni e a guidare la spedizione di salvataggio degli abitanti rapiti durante i raid delle navi spaziali.
Fin qui le premesse, in gran parte vanificate dall’incapacità di cogliere appieno il gusto dei due generi cinematografici e tantomeno il quid della loro commistione. Dopo tanti anni di postmodernismo trasposto sul grande schermo in tutte le sale, dovrebbe essere ormai chiaro che non basta prendere un cowboy e un mostro spaziale e shakerarli un po’ insieme, per ottenere il cocktail filimico perfetto. Occorre una conoscenza viscerale della materia di partenza, una passione altrettanto spiccata anche per i lati deteriori delle pellicole di riferimento e, tendenzialmente, anche un certo polso autoriale a garanzia dell’unicità e della godibilità della contaminazione di genere. Insomma bisogna amare il cinema e divertisti a giocare con le sue componenti, correndo anche dei rischi e inventando così film totalmente nuovi, che non siano soltanto una pedissequa riproposizione di schemi ormai cristallizzati. Cowboys & Aliens è lontano anni luce da una simile capacità, e si riduce a semplice prodotto di entertainment con uno spunto divertente ma senza un nucleo forte su cui basare il suo svolgimento. Sembra talmente costruito a tavolino che già dopo le prime sequenze non ricorda più nessuno dei classici in teoria citati. L’unico elemento western mantenuto intatto è la retorica antica e retrograda dell’uomo virile che non ha paura di andare in guerra per dimostrare il suo valore mascolino. Un concetto sviluppato tra l’altro senza convinzione e senza fantasia da uno stereotipico Harrison Ford, e unito anche a un’improbabile vena politically correct che fa fare la pace a cowboy e indiani in nome della difesa del pianeta. Riassumendo, un miscuglio senza carattere e senza spirito, che sembra molto più preoccupato di quante inquadrature di spalle dare al fisico statuario di Daniel Craig piuttosto che dei suoi illustri precedenti cinematografici.