Dal nostro inviato SILVIO GRASSELLI
Il nome di Morgan Spurlock non ha ancora guadagnato presso il grande pubblico nostrano la fama di cui gode altrove. Eppure appena si cita il titolo/slogan Supersize me una luce sembra illuminare gli occhi di molti. Ma Spurlock non si è fermato alla satira del junk food; negli ultimi anni ha collezionato, uno dopo l’altro, una piccola serie di film documentari, sensazionalistici, stilisticamente roboanti, e ad alto tasso ludico. Dopo il terrorismo e il product placement, stavolta Spurlock, con Comic-con Episode IV: a Fan’s Hope, prende a pretesto uno degli eventi di cultura popolare più conosciuti e frequentati al mondo, per abbozzare un ritratto ironico di una tipologia antropologica sempre più diffusa: quella del geek. Il film – scelto per il concorso della sezione collaterale Extra – si concentra sui pochi ma intensi giorni del Comic-con, salone del fumetto che ogni anno si svolge a San Diego, in California, alternando due diverse serie di materiali: da una parte le storie brevi di alcuni geek sfegatati, ciascuno presente al Comic-con con un progetto e un’aspirazione diversi; dall’altra i frammenti delle interviste, delle dichiarazioni o delle semplici microesibizioni date in pasto all’obiettivo di Spurlock da parte di esperti o semplici appassionati e raccolte proprio nei giorni della grande fiera. Il barista aspirante fumettista, la costumista dilettante, il venditore di fumetti da collezione, la coppia di fidanzati, il collezionista di giocattoli: Spurlock li scopre uno per uno, li presenta ciascuno come un piccolo super eroe, descrive l’ambiente di provenienza, lo stile di vita, il lavoro; intanto la grande macchina della fiera si dispone, poi si mette in moto, fino a chiudere i battenti. Le voci di Kevin Smith (osannato regista di Clerks), di Stan Lee (padre della leggendaria Marvel Comics), di attori, disegnatori, editori, comuni appassionati di cosplay o fanatici lettori di fumetti si alternano contribuendo ciascuna con un piccolo frammento, una battuta, un aneddoto, la descrizione della propria ossessione o l’ammissione dei propri eccessi di fanatico, alla composizione dell’affresco, al racconto di una comunità ampia e dispersa, varia ma solidale che si riunisce e si alimenta tutta attorno a un evento nato più di quarant’anni fa come piccola convention di settore e divenuto ormai un gigantesco catalizzatore di pubblico e di denaro dentro l’orizzonte ampio della cultura popolare contemporanea (fumetto, cinema, videogiochi). Senza alcun intento critico-analitico, ma neppure con un vero istinto satirico, il film si monta come la messa in abisso di un gioco, un supergadget narrativo dalla complessità concettuale minima che appassiona per la sua sfacciata ispirazione spettacolare. Il popolo dei geek assiste commosso.