Il progetto di un godzilla in home video
01/02/08 – Un`abnorme fantasia post 11 settembre. Con molti degli elementi che hanno reso tristemente filmico il crollo delle Torri gemelle. Questo è fondamentalmente il fenomeno mediatico di questi giorni, che dall`America arriva in Italia per uscire il 1 febbraio nelle nostre sale. Si parla di Cloverfield, il film di Matt Reeves prodotto da quel genio della comunicazione che è J.J.Abrams, che infatti ha deciso di creare attorno al film l`alone dell`evento, cominciando a diffondere (non a caso la strategia si chiama viral marketing) immagini, notizie e immagini furtive sul web e sulle testate specializzate, fino a che il trailer e il subliminale manifesto hanno portato il film a incassare 47 milioni di dollari nel primo giorno di programmazione. La trama è quasi inesistente: durante una festa, un gruppo di ragazzi viene sconvolto da esplosioni e devastazione. Scappano, temendo un terremoto o un attacco terroristico, ma si trovano di fronte a un mostro: e l`esercito deve rispondere. Se la storia non sembra particolarmente nuova, anzi non lo è affatto, nel film di Reeves l`unica cosa che conta è la messinscena: partendo dalle riprese effettuate con la telecamera alla festa, il film è tutto girato dal punto di vista di quella telecamera amatoriale, che riprende il viaggio per una New York devastata e sotto assedio, alla ricerca della salvezza propria e altrui, evitando assalti e pericoli e cercando vie d`uscita, con l`aiuto dei pochi superstiti. In pratica un reportage di guerra sposato con la fantascienza.
Qualcuno ha paragonato la tecnica di regia a The Blair witch project, ma l`approccio di Reeves è opposto: dove li si usava la macchina per giustificare la povertà di mezzi e la scelta di un orrore puramente immaginario e percettivo, qui le riprese amatoriali l`uso di una macchina a mano non professionale, le immagini che saltano o si spengono, servono per dare un altro spessore a un catastrofismo irreale perfettamente ricostruito, dove gli effetti speciali e i prodigi della tecnica trovano posto nell`anticonvenzionalità delle riprese, tanto da acquistare più valore reale tanto più la cura dell`immagine è fittizia. La testa della Statua della Libertà che vola, l`assalto di piccoli mostri parassiti (memorabile la sequenza in galleria), o la scalata a grattacieli piegati, che sono pura esagerazione americana da cinema anni `70 (Poseidon o Trappola di cristallo), diventano invece i segni di un realismo assoluto e maniacale, dove i suoni, gli assalti sensori e la mancanza degli appigli concessi dalla sospensione della credulità non lasciano respiro allo spettatore, che esce dal film rintronato, scosso. E soddisfatto. Poi possiamo riflettere su come lo straordinario lavoro grafico e di cura visiva renda la regia un po` pretestuosa, e di come la storia si sviluppi – furbamente – a uso e consumo dell`idea originaria; ma non possiamo negare al film il valore assoluto di intrattenimento di alto livello, con tracce riflessive che ne aumentano lo spessore.
(Emanuele Rauco)