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Ci si aspettava il sorpasso con la Francia (circa il 40% di prodotto nazionale), ma non è arrivato: la quota di mercato del cinema italiano, comprese le coproduzioni, nel 2011 è rimasta al 37%, penalizzata dai controversi risultati del box office natalizio. Si tratta comunque di un aumento di circa 6 punti percentuali rispetto all’anno precedente e quindi di un buon risultato che conferma come “il prodotto italiano sia la componente dinamica del mercato”. A sottolinearlo è stato il presidente dell’Anica, Riccardo Tozzi, nel corso della presentazione dei risultati Cinetel in merito all’andamento del cinema in Italia nel 2011. Andamento che, come già successo per gli Stati Untiti, ha fatto registrare nel complesso un segno negativo che arresta la notevole crescita cominciata nel 2010 sostenuta dal 3D, così come da eventi cinematografici di livello mondiale quale Avatar. Il calo, in particolare, è stato del 7,92% per gli ingressi, poco meno di 101 milioni e mezzo rispetto agli oltre 110 dell’anno prima, e del 10,03% per gli incassi, pari a 661 milioni e mezzo di euro in confronto ai 735 milioni del 2010. E se il cinema italiano continua a mantenere performance di tutto rilievo, con ben 6 titoli nella top ten e uno in particolare in vetta alla classifica (si tratta ovviamente di Che bella giornata con Checco Zalone, quasi 43 milioni e mezzo di euro incassati e poco meno di 7 milioni di biglietti staccati), la componente più in sofferenza sono proprio i film americani, la cui quota è scivolata da 56 a 46 punti percentuali trascinando con sé al ribasso il risultato complessivo del botteghino.
La priorità per il 2012 sembra perciò quella di recuperare il pubblico perso nel 2011, ma anche riportare al cinema quelle fasce di spettatori che se ne sono allontanate per motivi strutturali. “Gli italiani si recano in sala in media 1,4 volte l’anno, in Francia almeno tre”, ha fatto presente a tal proposito Richard Borg, presidente Cinetel e appena nominato anche alla guida della sezione distributori dell’Anica. “Servono i grandi pubblici e i cinema di città, ma anche valorizzare la sala come momento di aggregazione sociale”, ha ribadito invece il presidente degli esercenti Lionello Cerri, che dall’inizio del suo nuovo mandato pone fortemente l’accento anche sulla necessità di una vera “educazione all’immagine” per le nuove generazioni, cresciute a tv e internet e perciò con una sensibilità diversa al cinema rispetto alle generazioni precedenti. A fronte di un sostegno statale “che rispetto a quello francese è in rapporto di 1 a 10”, il presidente dell’Anec propone perciò nuove iniziative non di tipo assistenzialista bensì di promozione, in particolare “un gioco nazionale, una lotteria del cinema un po’ come succede in Inghilterra”, dove in effetti l’attivissimo BFI trae finanziamento proprio dal Lotto. E sul bisogno di promozione si è espresso anche il presidente Anem Carlo Bernaschi, che ha messo in luce alcuni dei passi già compiuti in tal senso come la diminuzione del prezzo medio del biglietto da 6,68 a 6,53 euro. “Le ultime vere campagne promozionali, come i pomeriggi e i mercoledì al cinema”, ha fatto però presente il rappresentante degli esercenti multiplex, “risalgono al 1998”.
Del rinnovo del parco sale torna a parlare infine Riccardo Tozzi, che sostiene la necessità di intervenire sul circuito e in particolare sulle sale urbane, non solo per restituire al pubblico adulto un luogo per la fruizione del cinema italiano e d’autore, ma anche per rivitalizzare la realtà non ancora decollata dei multisala di città. Secondo il presidente dell’Anica, la performance del prodotto italiano ha dimostrato di influenzare positivamente l’andamento complessivo del botteghino, il che indica “una forte domanda potenziale di cinema”. Di conseguenza, “serve distribuire più film italiani, soprattutto distribuirli costantemente durante l’anno e in più sale”: basta perciò con le pause estive di oltre 4 mesi, in cui gli unici ad arrischiarsi all’uscita negli ultimi anni sono stati i blockbuster americani, e soprattutto spazio al confronto con le amministrazioni locali. Non per ottenere contributi pubblici, ma per individuare insieme le riforme a costo zero capaci di eliminare i vari lacci della burocrazia che rendono meno interessante un investimento sulle sale dal punto di vista imprenditoriale. Un punto su cui, ha specificato Tozzi, l’Anica sta già lavorando con la Regione Lazio con l’intenzione di farne un progetto pilota da ricalcare poi sul resto del territorio nazionale.
E sempre in materia di sostengo al cinema, con il tax credit garantito fino al 2013, il FUS e altre forme di finanziamento non sembrano più all’ordine del giorno come un anno fa, ma Tozzi ha fatto presente in ogni caso come “le poche risorse rimaste, non possano essere impegnate per pagare i debiti pregressi contratti dallo Stato con le imprese”, che ammonterebbero a circa 70-80 milioni di euro. Da qui la proposta dell’Anica, particolarmente in tema con l’attuale frangente economico: ripagare le industrie del settore in BOT e liberare così le risorse rimaste al FUS, che per quanto limitate, a detta del presidente dell’associazione, rimangono fondamentali soprattutto per consentire progetti nuovi e sperimentali.