Changeling

14/11/08 - Ha 78 anni compiuti Clint Eastwood, cinque più di Woody Allen, sei meno di Sidney Lumet...

“Changeling” – Clint Eastwood

14/11/08 – Ha 78 anni compiuti Clint Eastwood, cinque più di Woody Allen, sei meno di Sidney Lumet, eppure non si può certo dire che il passare degli anni abbia nuociuto alla sua arguzia. Gli è bastato infatti un solo film, quel “Mystic river” degli scandali, per comprendere quanto prevedibili e ripetitivi siano i gusti della gente, e dei giurati dell`Academy in particolar modo: infanzie problematiche, disgrazie su disgrazie, giustizia, perdono, redenzione e altri valori americani a go-go, et voilà  , la statuetta è servita. Una formula semplice ma efficace, destinata a trovare nel successivo “Million dollar baby” il suo stato di grazia e nell`ultimo “Changeling” l`apoteosi, attraverso l`esasperazione, il parossismo, di quell`estetica del dolore furbamente perseguita dal regista californiano nell`ultimo decennio. Ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto nella Los Angeles di fine anni `20, “Changeling” racconta il dramma di Christine Collins (Angelina Jolie), una giovane madre incapace di rassegnarsi alla misteriosa scomparsa del figlioletto e disposta a ingaggiare una tenace e coraggiosa battaglia contro la polizia corrotta e una giustizia iniqua. Ovviamente dovrà  vederne di tutti i colori, a suon di frustrazioni, umiliazioni e pubblico dileggio, perquisizioni corporali ed elettrochoc, in un crescendo di dolore e sofferenza su cui l`occhio, cinico, della macchina da presa si compiace fin troppo di indugiare, pilotando abilmente l`emotività  dello spettatore verso l`inevitabile pathos.

Perchè è indubbio che, volendo restare nell`ambito dello strappalacrime, “Changeling” riesca pienamente nel suo intento: narrazione compatta, regia classica ma calibrata come dal miglior Eastwood, personaggi ben delineati e interpretati e, ad arricchire ulteriormente la confezione, una suggestiva e perfetta ricostruzione della Los Angeles degli anni ruggenti, nostalgicamente fotografata dal fido Tom Stern. Un film, insomma, che, tralasciando le inevitabili concessioni divistiche (con una Jolie versione Mater Lacrimarum, impeccabilmente truccata e acconciata, a letto come in manicomio) si direbbe strutturalmente ineccepibile sebbene, paradossalmente, trovi il suo principale limite nell`intenzionale incapacità  di allentare le maglie di una così perfetta costruzione, neppure per far passare sentimenti veri, risposte emotive autentiche al di là  di quelle macchinalmente costruite a tavolino.

CATERINA GANGEMI