Un nutrito cast di star proveniente da cinema e televisione è il centro propulsore della nuova commedia di Garry Marshall, che replica l’operazione di Appuntamento con l’amore. Di quel film Capodanno a New York è la perfetta copia dal punto di vista narrativo, con la differenza che quello era ambientato a Los Angeles e questo a New York, quello aveva come tema San Valentino, questo Capodanno. Una pellicola che nella scelta dei suoi attori fa il verso ai personaggi più noti che hanno reso popolari le loro carriere sul grande e piccolo schermo: Sarah Jessica Parker “cita” attraverso le scarpe la sua Carrie di Sex and the City, ma stavolta ha una figlia adolescente (Abigail Breslin), Katherine Heigl è una maniacale cuoca, come Izzie in Grey’s Anatomy, ma piantata da Jon Bon Jovi (un simil se stesso), Lea Michele ha velleità di cantante come Rachel in Glee, Sofia Vergara, icona ironica, tutta curve e comicità, della moglie latina del prototipo del maschio americano grasso e di mezza età in Modern Family, qui è parodia pessima di se stessa, Michelle Pfeiffer riprende le nevrosi di Paura d’amare (sempre di Marshall, ma in un’altra era) e ha lo stesso look, impermeabile e capelli compresi, di Un giorno per caso, ma ha sostituito Al Pacino e George Clooney con un bolso Zac Efron.
E così, procede la parata imbarazzante per Hilary Swank, che mai avremmo potuto credere potesse pronunciare dialoghi peggiori di quelli di Amelia, Robert De Niro, sul letto di morte assistito dall’infermiera Halle Berry. E poi Ashton Kutcher, Jessica Biel, qualche comico che ha fatto gavetta al Saturday Night Live, qualcun altro passato per Bastardi senza gloria e per pochi secondi appaiono personaggi come Alyssa Milano, Jim Belushi, Matthew Broderick, Ryan Seacrest (se stesso) e i poveri John Lithgow, Penny Marshall, Carla Gugino e Cherry Jones. Lo sfondo newyorkese è quello ricco, patinato, da cartolina, di crisi economica neanche a parlarne in questo nuovo anno che si annuncia fra i più poveri da molti decenni a questa parte (un aspetto che forse emerge dal fatto che stavolta le star sono da cachè più bassi rispetto all’operazione precedente). La sceneggiatura, scritta con la funzione del copia e incolla da Katherine Fugate (autrice della retorica serie militare di Lifetime, Army Wives) è intrisa di sentimentalismi terra terra, relazioni amorose che si costruiscono, rapporti umani che vengono sanciti. Ma è tutto finto, fin nel suo angolo più buio. I toni della commedia corale perdono qualsiasi credibilità in questa rancida minestrina scaldata dove gli irritanti e finti buoni sentimenti si nascondono dietro l’irrealtà di facce di plastilina dai sorrisi tirati, attrici che sembrano uscite dalla prova trucco di una pubblicità e attori dalla capigliatura improbabile. Un’operazione trasversale che cerca di conquistare il maggior numero di pubblico possibile: è evidente dalle storie multi generazionali e dalla scelta di un cast per tutti i gusti, che ricorda le produzioni degli anni Settanta quando mezza Hollywood veniva rimessa a lucido per partecipare ai film catastrofici. E catastrofe in questo caso è la parola chiave.
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