Tender Son – The Frankenstein Project, di Kornél Mundruczò
(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)
22/05/10 – Unico film ungherese inserito nel concorso principale a Cannes 63, Tender Son – The Frankenstein Project di Kornél Mundruczò è un dramma paradossale sulla paternità e una sorta di auto-condanna del cinema-padre nei confronti dei figli che agiscono sulla scena del mondo. Tender Son infatti è il racconto di un regista che comincia a fare delle audizioni per il suo nuovo film ed è costretto a interromperle quando ritorna suo figlio; questi vorrebbe recitare, ma provoca solo danni, anzi solo drammi e comincia ad uccidere chi gli sta intorno, preda di un apparentemente immotivato istinto omicida. È chiaro perciò il parallelo tra la creatura frankensteiniana e la figura del figlio e tra l’inventore della creatura e il regista, che non riesce a tenere sotto controllo i comportamenti del “mostro” e che deve portare con sé la colpa di aver “creato” il male.
Tutto ciò è certamente interessante, quel che poi non convince però è dove voglia andare a parare Mundruczò (che naturalmente interpreta nel film anche il ruolo del regista): se voleva condannare la società ungherese dei padri non vi è riuscito, perché non vi è alcun rimando esplicito né implicito alla condizione sociale del paese (come invece avveniva ad esempio nel film di Weerasethakul, anch’esso in concorso qui a Cannes e che, pure intessuto di metafore, riusciva a esporre con chiarezza il suo punto di vista critico sulla Thailandia attuale); se il discorso invece era rivolto al cinema nel suo complesso e cioè al meccanismo di violenza insito nella macchina cinematografica, allora non si può non rintracciare una certa puerilità, sia nella messa in scena che rimanda alle improvvise e eccessive esplosioni di violenza di certo cinema orientale (si veda lo schizzo di sangue alla parete), sia nel compiacimento che un’operazione di tal fatta porta necessariamente con sé (la messa alla berlina autoreferenziale del mestiere del regista non è certo una novità in ambito cinematografico). Lascia poi un po’ di fastidio tutta l’ultima parte della pellicola, in cui padre e figlio si ritrovano alla ricerca di un banale quanto vano e ossimorico happy-end. Mundruczò esplicita definitivamente la volontà di giocare con i luoghi comuni, ma con il solo obiettivo di épater la bourgeoisie e senza un intimo desiderio di racconto. Il che rende Tender Son – The Frankenstein Project un’operazione sostanzialmente futile.