(Rubrica a cura di Andrea Iannone)
SAW – L`ENIGMISTA
di James Wan
“GAME OVER!”
– dal film –
03/11/08 – Tra i film che ho scelto di analizzare in questa rubrica, mi sembra emergano elementi simili. Innanzitutto, sono opere che, per soggetto, rischierebbero di rimanere ingabbiate in serie B, ma che, grazie alla resa registica, si innalzano di fascia. Wolf Creek, nonostante abbia elementi tipici degli slasher, è un`inchiesta sulle persone scomparse in Australia; la calata nelle tenebrose grotte in The Descent rappresenta una discesa nell`oscura psiche umana; Saw, da un elaborato tessuto narrativo e situazioni veritiere, fa nascere una serie di domande esistenziali. Inoltre, tutti e tre i film parlano, in un modo o nell`altro, dell`impossibilità di domare quella selvaggia bestia che è l`uomo. L`uomo capace di compiere atti d`inaudita violenza e ferocia è incarnato dal personaggio-tipo del serial killer: figura che mette in atto gesti estremi per completare un disegno folle di cui soltanto ella o egli percepisce la bellezza e il senso. Di fatti simili ne sentiamo a bizzeffe, e il cinema horror non poteva non trarre ispirazione. Sul carattere `salutare` o `morale` della raffigurazione della violenza si è discusso a lungo. Salutare di certo non è: nessuno, a meno che non sia sadico, gode nel vedere la violenza nuda e cruda. Ma non è vero neanche il contrario: la violenza può essere estetica, può servire a un artista per esprimere concetti densi di significati. Le citazioni potrebbero allargarsi dall`ultimo Goya ad Artaud, a Kubrick, ma volevo semplicemente affermare che Saw narra, traendone conclusioni di peso, di delitti disumani, giornalmente riportati sui giornali e a cui molte persone sono ormai assuefatte. Il film si apre con due sconosciuti, Lawrence e Adam, che si risvegliano prigionieri in un malsano bagno, senza sapere come esserci finiti. Sembra, però, che siano vittime di un bizzarro gioco del serial killer soprannominato l`Enigmista. Da tempo, egli si diletta nel rinchiudere in macabre location persone insoddisfatte della propria vita, le quali sopravvivono a elaborati ordigni di morte solo stando alle regole del gioco. Una volta finito, però, i “giocatori” godono di essere ancora vivi. La soluzione è uno dei finali più agghiaccianti della storia dell`horror, perchè ci pone la domanda: e se il serial killer avesse ragione?
In Wolf Creek la follia di Mick rimane inspiegata; in Saw invece il cattivo si fa portavoce di una lucida pazzia, una filosofia di vita tratteggiata razionalmente e per questo ancora più allarmante. Inoltre, i personaggi si ritrovano tutti in situazioni di cui abbiamo sentito parlare. Sotto certi aspetti, Saw è molto simile a Se7en, dove il serial killer è autore di un progetto vasto, che nella sua ottica distorta è garante della giustizia assoluta. Ma le differenze tra i due film sono notevoli. Sul piano estetico, Se7en è diretto con innegabile classe (interpreti straordinari, fotografia intensa, musica sublime), mentre Saw segue un`estetica da videoclip o pubblicità , con molte inquadrature brevi alternate a piani sequenza velocizzati vorticosamente, a ritmo di musica spinta e invasiva. Ma più importante è il livello della costruzione narrativa. Mentre Se7en crea raffinatissime psicologie e affronta il tema del Male nel mondo, in modo da assurgere a perla del cinema fuoriuscendo dal genere, Saw ci resta in tutto e per tutto. Eccessivamente compiaciuto nella descrizione delle sadiche scene di sangue, concentrato troppo sull`effetto-shock, non riesce a volare al di là delle barriere restrittive dell`horror. Ciò non toglie che Saw abbia dei meriti: è un esempio di sinfonia degli orrori ben orchestrata. Trappole di morte sofisticate – che per progettarle ci vuole una laurea in fisica nucleare e una mente molto malata – tolgono la vita in maniera truculenta a svariati personaggi. Anche le trovate visive non mancano: vapori che nascondono buona parte di alcuni set e più colori di luce nella medesima scena contribuiscono a creare un`atmosfera da incubo, in cui aleggia la presenza angosciante dell`assassino mascherato da maiale. La trama incastona gli omicidi al suo interno e, tramite questa sceneggiatura davvero ben maneggiata, il regista James Wan e lo sceneggiatore Leigh Whannell sono riusciti a portare il film da un accumulo di elementi gore a un prodotto di qualità . Non sono molti i film dopo i quali ci si ritrova con le mani e la fronte sudaticce e, usciti dalla sala, ci si guarda attentamente intorno. Paranoia, direte voi, ma secondo me merito di un potente film.
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