#CaFoscarishort: in concorso Estatua de sal

Il regista Marc Camardons della ESCAC (Escola Superior De Cinema i Audiovisuals De Catalunya) ha presentato in concorso internazionale Estatua de sal. La nostra intervista, in esclusiva, al regista spagnolo.
Intervista a Marc Camardons a cura di Giovanna Barreca

Nella Genesi, Lot è il figlio di Ḥaran e nipote di Abramo che riuscì a scampare alla distruzione di Sodoma (città punita da Dio per le sue perversità). Sua moglie nella fuga si girò a vedere l’incendio della città e fu trasformata in una statua di sale.

Marc Camardons, al Ca’ Foscari short film festival, presenta in concorso internazionale Estatua de sal dove sceglie di raccontare una sorta di Lot dei nostri giorni. Mateo, il protagonista, è un giovane che, come molti negli anni ’50, viene mandato in un convento di frati per poter studiare, visto che la sua famiglia non può permettersi di mantenerlo. Una notte si avvicina ad un compagno, dopo le preghiere e capisce di provare qualcosa che fatica a spiegarsi e che teme lo possa allontanare da Dio. Lì nasce il suo conflitto interiore. “Mateo vive come incastrato tra i due mondi. Non potrà mai essere chi desidererebbe, così da rimanere condannato ad osservare da lontano una vita che non potrà mai avere. Sublima quindi i suoi istinti per paura di essere se stesso fino in fondo” aggiunge il regista spiegando perché la condizione di Mateo è quella della Statua di sale, di un rimanere congelati mentre la vita fugge.

Ispirandosi a tante opere pittoriche, prime tra tutte quelle del Caravaggio e di Rombuts per l’uso della luce (splendide le scena girate in una piccola cappella, davanti all’altare) e anche alle statue del Bernini (soprattutto per la scena finale), al Mantegna, a Sweerts il regista spagnolo realizza un cortometraggio che sa mettere in scena tutto il dilemma del giovane autore e, se per tutto il film dominano i piani statici e il silenzio (non c’è musica in o musica over), nell’ultima scena, cambia lo stato d’animo del protagonista e cambia la messa in scena con l’uso di un carrello e l’utilizzo di una musica sontuosa.

Il giovane autore, lasciata Andorra per raggiungere Barcellona per studiare cinema alla ESCAC (Escola Superior De Cinema i Audiovisuals De Catalunya) ha realizzato il film non come lavoro di diploma ma già al suo secondo anno perché, come confessa anche ai nostri microfoni, era un modo per raccontare una storia personale e scaricare la rabbia che aveva generato quell’amore non corrisposto.

 

Ringraziamo le studentesse dell’università Ca’ Foscari Clara Pinton per la traduzione e Ottavia Dorrucci per l’attività di coordinamento/ufficio stampa.

giovanna barreca