Sono diversi i motivi per cui Brick Mansions, produzione franco-canadese che vede esordire alla regia il montatore Camille Delamarre, può suscitare delle curiosità. La prima viene dal fatto che Luc Besson tenta, nelle vesti di produttore, l’ennesima incursione sul mercato anglo-americano e, per l’occasione, mette in piedi il remake di Banlieue 13, action transalpino di successo nel 2004, seguito nel 2009 da Banlieue 13 Ultimatum. La seconda va trovata nel nome di Paul Walker, star di Fast and Furious, morto in un incidente stradale lo scorso novembre: Brick Mansions verrà ricordato come l’ultimo film da lui interpretato. La terza riguarda l’altro protagonista della pellicola, David Belle, fondatore della disciplina nota come Parkour di cui faceva già largo uso nel dittico Banlieue e il cui successo ora gli potrebbe permettere di assurgere a star dell’action americano. Ma c’è un ulteriore motivo di interesse che può – e deve – suscitare la pellicola: il debito enorme che ha nei confronti di alcuni classici del cinema di John Carpenter.
Il distretto di John Carpenter
Il film di Delamarre, infatti, sulla falsariga del resto di Banlieue 13 ripercorre una precisa serie di stilemi del cinema carpenteriano. La storia del quartiere escluso dalla città in cui vengono ammassati tutti i derelitti è ovviamente figlia di 1997: Fuga da New York, così come l’idea del quartiere-ghetto in cui si scatena improvvisamente la violenza viene da Distretto 13: Le brigate della morte. Ma, addirittura, il confronto-scontro tra i due protagonisti, Paul Walker (nei panni di un poliziotto) e David Belle (che interpreta il fuorilegge buono, quello che vuole debellare il traffico di droga nel suo quartiere), avviene in tutto e per tutto secondo modalità simili a quelle del celeberrimo incontro di wrestling di Essi vivono. L’immaginario carpenteriano continua dunque a influenzare il cinema contemporaneo, più sotto le forme del saccheggio però che in quelle dell’aggiornamento e/o della rielaborazione.
L’ultimo action di Paul Walker
Ma il personaggio del poliziotto sotto copertura, buono – e infine disilluso – di Paul Walker rappresenta a sua volta un florilegio di situazioni derivative: da Infernal Affairs, allo stesso Fast and Furious, fino ad addirittura a Mezzogiorno di fuoco. Certo, non si inventa più niente e tutto si ricicla, però è pur vero che ogni tanto qualche buona idea bisogna farsela venire. Così, l’ultima apparizione di Walker è decisamente piatta, priva di particolare interesse, e anzi entra persino in conflitto con la figura di David Belle: da un lato i due personaggi sono infatti troppo simili, dall’altro Belle è così abile nel Parkour che fa risultare Walker quasi una zavorra. Non a caso, la migliore scena d’azione del film è quella iniziale in cui Belle, inseguito dalla gang di spacciatori, mette in mostra le sue qualità acrobatiche. Tutte le successive, in compagnia di Paul Walker, appaiono decisamente più tradizionali e prive di inventiva, a partire dagli inseguimenti in macchina.
Detroit, la banlieue
Poteva essere una buona idea quella di spostare l’ambientazione dalle banlieue di Parigi a Detroit. Già recentemente protagonista di Solo gli amanti sopravvivono di Jim Jarmusch, la città, capitale dell’industria automobilistica statunitense, rappresenta perfettamente il simbolo della civiltà delle macchine ormai in declino irreversibile. In Brick Mansions però non si dà seguito a questo spunto e l’ambientazione resta semplicemente sullo sfondo, citata qualche volta ma senza particolare intenzionalità discorsiva.
Brick Mansion si dimostra così una sorta di action senza troppi guizzi, in cui l’unico elemento innovativo, la presenza in scena dell’inventore del Parkour David Belle è presto rintuzzata su binari più tradizionali, e dove anche gli elementi basici di Fast and Furious, come l’ironia e una buona dose di “coattaggine”, non ci sono perché legati, più che a Paul Walker, alla presenza in scena di Vin Diesel e di Michelle Rodriguez.
Alessandro Aniballi per Movieplayer.it Leggi