Belli e indipendenti – Indagine sull’odierno cinema indipendente a cura di Giovanna Barreca
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La situazione socio-economica greca è drammatica e non passa giorno che da Atene non arrivino immagini e testimonianze sempre più drammatiche. Persino i monumenti più famosi del patrimonio nazionale sono stati offerti a ‘prezzi scontati’ come possibili location per future produzioni, sollevando subito polemiche e preoccupazioni. Ma quanto si riesce a vedere da noi del cinema greco? A parte Theo Anghelopoulos (deceduto poche settimane proprio mentre stava girando un film in cui affrontava la crisi del suo Paese) quanti altri autori sono riusciti a portare all’estero le loro opere? Beniamino Biondi, autore di Prometeo in seconda persona, il nuovo cinema greco (Aracne editrice) supplisce esaurientemente a tale lacuna, regalandoci una mappatura attenta e scrupolosa degli autori greci nel periodo della Nouvelle vague dei primi anni ’60; tutti alla ricerca di una loro indipendenza linguistica e produttiva ma – come precisa lo stesso Biondi – mai, a differenza dei colleghi francesi, vero movimento composito. Un viaggio, quello regalato dall’autore, non semplicemente rivolto al passato “ma in grado di esplorare la contemporaneità”, come motiva Daniele Dottorini, critico cinematografico e docente universitario, autore delle prefazione.
Biondi non è nuovo a tale genere di indagini: Fata Morgana (ed. Il foglio) tentò una ricapitolazione del fenomeno del movimento d’avanguardia della Scuola di Barcellona e Giappone Underground, il cinema sperimentale degli anni ’60-’70 (ed. Il foglio), puntando soprattutto l’attenzione su figure eccentriche della cinematografia e della cultura nippponica (Koji Wakamatsu, Yukio Mishima, Toshio Matsumoto ecc). Ma pur citando i due autori di punta del movimento indipendente, Alexis Damianos e Theo Anghelopoulos, Prometeo in seconda persona non si occupa della loro filmografia, puntando invece l’attenzione su altri autori “partecipi di una solida preparazione teorica e di uno sguardo manifestatamente politico che propongono un nuovo modello di narrazione e soprattutto promuovono l’elaborazione dei principi di critica ideologica all’interno di una struttura aggressivamente modificata. L’impegno sociale diviene questione centrale”. Nell’intervista all’autore siciliano emergono le ragioni di un diverso linguaggio filmico che agisce sul portato del significante e sostiene artisticamente l’espressione delle modificazioni della storia politica e psicologica del paese, rendendo ancora più chiaro il valore del volume. Lo stesso Biondi cita alcuni degli autori di riferimento del movimento e le opere che meglio ci aiutano a definire la loro produzione. Noi qui ci limitiamo a ricordare Adonis Kyrou, definito un precursore che con To bloko nel 1965 utilizzò la macchina a mano per delle riprese quasi documentaristiche; Takis Kanellopoulos, “uno dei primi cineasti a possedere una coscienza del proprio lavoro”, che con Ouranos (1963) realizza un apologo contro la guerra e descrive attraverso una narrazione sobria, priva di qualsiasi elemento melodrammatico, la depressione che il secondo conflitto mondiale ha causato al popolo;Dimos Theos invece fa suo il cinema di genere per discutere e analizzare problemi sociali e politici e il suo Kierion verrà presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 1968, non senza clamori.