Belli e indipendenti – Indagine sull’odierno cinema indipendente a cura di Giovanna Barreca
Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai protagonisti del film:
Dopo la vittoria del Premio Solinas, con grande tenacia, Barbara Rossi Prudente è riuscita non solo a pubblicare ma a trasformare nel film che desiderava realizzare, la sceneggiatura che aveva scritto. Un plot arrivato sul grande schermo in totale indipendenza grazie alla 19.11 Produzione che ha investito in un progetto difficile, lungo, ma ricompensato dalla buona accoglienza ricevuta al Festival del cinema di Roma dove l’opera prima è stata presentata all’interno della Vetrina dei giovani cineasti italiani. Al centro della vicenda ambientata a Caserta una famiglia dove le incomprensioni portano alla deriva le esistenze fino alla violenza finale durante la processione del paese. Il bene degli affetti filiali e il male raccontato con tante sfaccettature e con tutto l’inespresso che lo ha generato. Alba è una venticinquenne inquieta che ricerca disperatamente l’amore del padre senza comprendere il perché del suo atteggiamento. La sua è un’esistenza al limite: si guadagna da vivere gettandosi in strada di notte cercando di non farsi travolgere dalle auto in corsa, porta avanti relazioni sentimentali incerte, cerca lo sballo a tutti i costi e rifiuta il cibo. Poi arriva da Milano il cugino Fabrizio, desiderato da tutta la vita: “Ti amo fin da quando eravamo bambini e ci impedivano di stare insieme” – recita una battuta del film – e ogni sua certezza, tutto il suo equilibrio precario crolla. Interessantissima è la maniera che Barbara Rossi Prudente ha, non solo di tratteggiare i due giovani (Valentina ed Emilio Vacca, fratelli nella vita), i loro incontri, il modo di relazionarsi dei loro corpi in scena ma, soprattutto, la figura del padre della ragazza (un intenso Salvatore Cantalupo, mai così in parte) che implode dolore e rabbia nel suo atteggiamento sempre dimesso, sempre fintamente accogliente. Anche qui la regista gioca tutto sulla postura del corpo, sui piccoli gesti.
Esterno sera è costruito tenendo altissima la tensione in scena, non facendo dimenticare mai allo spettatore che dietro a ogni azione-reazione c’è un non detto ignorato dalla platea e da alcuni personaggi. Alla base di tutto un segreto, un dramma non rivelato che arricchisce la potenza degli scontri tra i personaggi. Geometria perfetta anche nella costruzione dell’ambiente indolente circostante (in una torrida settimana estiva) che enfatizza maggiormente ogni situazione. La messa in scena quasi teatrale è totalmente a servizio della storia che ha una tale forza da non aver bisogno di nessuna invenzione particolare tanto che il più delle volte, in tutte le scene in interni, la macchina da presa è fissa in campi medi, permettendo ai personaggi di dare, da soli, corpo alla scena. Nelle scene d’azione, soprattutto durante il folle lavoro di Alba, la macchina da presa viene usata per il racconto in soggettiva della giovane, che rende ancora più violento il suo grido di dolore per un’esistenza al limite. Esterno sera è un’opera prima convincente, riuscita, su un dramma che sa far riflettere sull’amore e sui non detti che spesso trasformano i rapporti tra le persone.