Molto del cinema d’autore francese dagli anni ’70 in poi, ovviamente per grandissima astrazione, deriva in larga parte dalla rivoluzione estetica della Nouvelle Vague, avvenuta nei quindici anni precedenti. Quantomeno sul piano del linguaggio, della grammatica cinematografica tout court, la produzione francese mostra infatti tuttora un’ineguagliata unitarietà, che le consente di mantenere un altissimo standard stilistico nelle opere più disparate. Claude Miller, scomparso a poco più di 70 anni, appare forse uno degli esempi più pregnanti di tale filiazione. E’ innanzitutto uno degli autori francesi che ha vissuto tale eredità in modo più diretto, sulla propria pelle, dal momento che mosse i suoi primi passi nel mondo del cinema proprio come assistente e collaboratore prima di Marcel Carné, poi di Godard, Deville, e infine Truffaut.
E’ a quest’ultimo che Miller deve forse l’influenza e ispirazione più forte. Una sorta di gemellaggio spirituale, che ha condotto Miller a sposare almeno uno dei filoni più intensi della filmografia truffautiana: l’attenzione per l’infanzia, per l’età di passaggio, senza compiacimenti né facili tenerezze falsificanti, bensì con sguardo “prima del giudizio”. Forse Miller non ha prodotto opere di altrettanto rigore, ma la sua sensibilità per la “tragedia del crescere” emerge con forza nel suo film probabilmente più famoso e acclamato, L’Effrontée (1985), con una giovanissima Charlotte Gainsbourg, lanciata da Miller nel cinema anche tramite il suo film successivo, ancora a tematica adolescenziale, La piccola ladra (1988), basato su una sceneggiatura non realizzata di Truffaut, che stava lavorando a questo progetto al momento della sua improvvisa scomparsa. Tra le opere precedenti di Miller, è da ricordare almeno Guardato a vista (1981), un tesissimo Kammerspiel tutto girato in un unico interno, in unità di spazio e tempo e interpretato da tre soli, grandissimi attori: Lino Ventura, Michel Serrault e Romy Schneider, chiusi in un claustrofobico gioco psicologico. Guardato a vista avrà poi un pessimo remake americano, Under Suspicion (2000) con Gene Hackman, Morgan Freeman e Monica Bellucci. E ancora, nell’ambito del noir psicologico francese, spicca poi l’ottimo Mia dolce assassina (1983) con Michel Serrault e Isabelle Adjani. La filmografia di Miller costituisce inoltre un insieme di opere che raccolsero sempre lusinghieri giudizi e grande successo ai César nazionali. Dopo il proficuo incontro con la quattordicenne Gainsbourg, la predilezione a lanciare giovani star femminili si riconferma con L’accompagnatrice (1992), prima apparizione da protagonista di Romane Bohringer, destinata a sua volta a un onorevole percorso nel cinema d’autore francese. Dopo opere meno riuscite, come Il sorriso (1994), Miller raccoglie un ultimo successo di critica al Festival di Cannes, ricevendo il Gran Premio Speciale della Giuria per La classe de neige (1998), ulteriore tassello del percorso d’indagine nel mondo perturbante dei ragazzi in transizione verso la vita adulta. Presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma, l’ultimo film di Miller, Voyez comme ils dansent, ha ottenuto il Gran Premio della Giuria, in quell’occasione ritirato dall’attrice Maya Sansa, dal momento che il regista era già da qualche mese gravemente ammalato. Forse Claude Miller non è mai stato un Maestro. Ma non è stato neanche un autore “a decalcomania” di ispirazioni altrui. Appartiene a una generazione che, più di sempre, ha associato l’arte del cinema al mestiere del cinema. In modo indissolubile, e con nobilissimi esiti.