“Symbol” di Matsumoto Hitoshi: il kitsch e il sublime si prendono per “mano” all’VIII Asian Film Festival di Roma
(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)
19/07/10 – L’unico film giapponese selezionato all’ottava edizione dell’Asian Film Festival, Symbol di Matsumoto Hitoshi, è stato innegabilmente l’unica autentica sorpresa della rassegna. Il regista, che è anche l’interprete principale, conduce quasi al delirio comico-mistico la caratteristica vena demenziale di certa cultura nipponica: un uomo si ritrova completamente da solo in una stanza popolata da angioletti di cui improvvisamente diventa visibile solo il piccolo fallo; dovrà pigiarne (!) praticamente uno ad uno (e ciascuno di essi gli donerà un oggetto diverso) per cercare di capire il senso del suo essere al mondo, ma soprattutto per provare ad uscire dalla stanza…nel frattempo, in un altro mondo o forse nello stesso, e comunque in Messico, un non più giovane wrestler si appresta a misurarsi con un avversario decisamente più aitante di lui. Symbol, titolo per l’appunto immediato ma anche ermetico, è un film demenziale e claustrofobico, esasperante e esilarante, escatologico e scatologico, tenuto in piedi dalla straordinaria performance attoriale dell’interprete-regista, capace di “tenere” da solo la scena per quasi tutto il film. Si potrà dire che Hitoshi gira in maniera approssimativa e che a tratti insiste in modo ossessivo su certe trovate, ma non gli si può negare la rarissima capacità di unire in un unico discorso la trivialità e la poesia, la volgarità e la lirica, un qualcosa che poteva fiorire solo nell’ambito della cultura giapponese, monstrum unico e – checché ne dicano o ne pensino i cinesi – inimitabile di kitsch e di sublime.