Luc Besson ci ha abituati alle sue stravaganze, non di rado autolesioniste, visto che gli è capitato in più d’un’occasione di concentrare tempo e risorse su avventure produttive a dir poco improbabili. La saga di Arthur e il popolo dei minimei è senza dubbio uno di questi casi. Nonostante risultati economici lusinghieri, i primi due film sono sembrati a molti assai al di sotto delle aspettative legittimamente alimentate dai fan del regista e da quelli sempre in cerca di saghe fantasy nuove o inedite: non solo sul piano artistico (una concorrenza goffa ai colossi statunitensi delle favole digitali per famiglie) ma anche sul fronte dei risultati tecnici, viste le grandi aspirazioni tecnologiche del progetto (tra i primi a prevedere una mescolanza così ardita e raffinata di live action e animazione digitale in 3D) e i suoi esiti finali, tutt’altro che epocali. Come succede solo in casi rari, per lo più quando di mezzo ci sono autori veri, questo terzo episodio della saga – uscito in realtà come seconda parte del secondo episodio – è forse il migliore della serie. Il giochetto è sempre lo stesso: dalla realtà quotidiana all’infinitamente piccolo, il bambino Arthur deve affrontare sfide e peripezie da prode e da guerriero, il tutto all’insegna dei buoni sentimenti e delle facili morali umanitarie.
Stavolta però la minaccia invade il mondo degli umani perché è il minuscolo a diventare gigante; in più in questo episodio sono le riprese in live action a prevalere, in modo tale da far diventare i personaggi animati un effetto visivo e non più l’intero orizzonte del racconto. Meno tempi morti, più ironia ben indirizzata (e autoironia condita di un citazionismo in dosi omeopatiche) e una costruzione delle scene assai più accorta a astuta che in passato (ma quanto copia e incolla dalla serie di Toy Story e da altri colleghi minori) non riescono a coprire le enormi magagne di una sceneggiatura ancora e pervicacemente allo sbando. Nonostante l’andamento squinternato, la concatenazione del racconto del tutto priva di logica e alcuni passaggi rinunciabili (i due genitori di Arthur potevano benissimo essere tagliati via dallo script) Arthur e la guerra dei due mondi però è dotato di una nuova forza narrativa, e riesce a mescolare vecchi personaggi e nuovi trucchi in una ricetta semplicemente divertente.
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