Italian Graffiti – Percorsi italiani nella (s)memoria cinematografica collettiva a cura di Massimiliano Schiavoni
E’ interessante rivedere oggi un film come Anni difficili (1948) di Luigi Zampa. Prodotto in un periodo di relativa buona libertà espressiva (a fronte di un massiccio ritorno nei centri di potere di ex-funzionari fascisti, una volta terminata l’epurazione), il film fu protagonista di un acceso dibattito politico-istituzionale e rischiò la censura, toccata poi al successivo Anni facili di Zampa sempre scritto da Vitaliano Brancati. Evidentemente sul finire degli anni ’40 suscitava clamore anche il solo fatto di trattare argomenti di storia recente, andando a toccare nervi scoperti di un’Italia appena uscita dall’incubo della guerra e della dittatura e alle prese con le prime difficoltà della ricostruzione. Anni difficili, recuperato in dvd per Medusa a partire dal 12 settembre scorso, racconta infatti l’epopea esemplare di un impiegato siciliano che negli anni appena precedenti alla Seconda Guerra Mondiale è animato da sottaciuti sentimenti antifascisti, ma finisce in camicia nera per non perdere il posto di lavoro. Inserito in una narrazione molto vicina all’apologo, Aldo Piscitello ripercorre tutti i momenti più salienti di quello scorcio storico, dall’opposizione “carbonara” alle esercitazioni marziali, alla guerra, alle delazioni, alla morte di un figlio soldato, al provvido riallineamento politico di ex-funzionari fascisti per restare a galla dopo la disfatta.
Brancati ha dedicato buona parte della sua opera al tema del trasformismo italiano, anche sotto la sua forma più consueta e in fondo ammirata dell’ “arte di arrangiarsi” (titolo di un altro film di Zampa su idea di Brancati). Su questo terreno Brancati trovò ispirazioni comuni a Luigi Zampa, autore mai troppo amato per il suo facile populismo e per il suo cinema apertamente didascalico, che spesso rimesta in luoghi comuni e tende a fare di tutt’erba un fascio. Tratti che si faranno più evidenti e soffocanti nelle opere più tarde dell’autore, ma che già in un film lontano come Anni difficili sono facilmente riscontrabili. Rivisto oggi, è arduo definire Anni difficili un’opera provocatoria e, oltretutto, politicamente schierata, come fu percepita al tempo. Tralasciando la narrazione episodica e facilona, che affastella eventi storici di massima importanza mettendoli spesso in bocca ai personaggi come in un Bignami e mescolando rapidamente fiction e materiale di repertorio, Zampa si adagia su un facile miserabilismo, riservando il massimo della comprensione alla “povera gente” strumento di meccanismi più grandi di loro, e addossando tutte le responsabilità a una politica sporca e conchiusa in sé. La finale presa di coscienza di Aldo Piscitello è altrettanto funzionale in questa direzione: assumendosi le responsabilità di una tragedia nazionale insieme a tutti coloro che, come lui, si son nascosti nell’opportunismo, Piscitello si autoassolve implicitamente, e assolve pure il suo pubblico. Di nuovo e sempre, Italiani-Brava-Gente. E’ interessante, quindi, che Anni difficili abbia sollevato a suo tempo un polverone di polemiche. Con ogni evidenza certe ferite erano ancora fresche, e già l’atto di parola era percepito come destabilizzante. Il “come” era secondario: era già sufficiente il “cosa” per far scuotere tanti parrucconi. D’altra parte, un’opera facilmente riassuntiva e superficiale come questa testimonia anche la necessità del tempo di mettere un punto, di tirare le fila prima di addentrarsi in nuove (?) fasi storiche. Resta comunque, in ultima analisi, un’appassionante interpretazione di Umberto Spadaro, attore dimenticato che merita lui per primo una riscoperta.
Il trailer originale del film: