Un inizio di mattinata didattico e divertente, grazie al workshop Clip in progress, tenuto da Luca Bottone all’interno degli eventi speciali del Ca’ Foscari Short Film Festival. Il docente ha mostrato alcuni esempi di videoclip classici dove la musica è l’elemento dominante, per poi raccontare la mutazione, a livello autoriale, degli anni ’80 con video mostrati e/o citare di Wim Wenders, Roman Polanski, Andy Warhol per Loredana Bertè, con alcune chicche come il lavoro di Jean Luc Godard, passato su una tv francese solo per un giorno. Nel pomeriggio il Concorso Internazionale con il cortometraggio italiano di Adel Oberto che, studiando e diplomandosi a Londra, ha deciso di raccontare una pagina di storia italiana come quella della Resistenza. Ne Il conte, un gruppo di fascisti va sulle colline per cercare dei partigiani e un sergente, per nutrire i suoi uomini e offrirgli un riparo per la notte, va a trovare un suo vecchio comandante che ormai vive da anni nella sua villa, dopo il congedo dall’esercito e la morte in battaglia del figlio. Il dramma esistenziale dell’uomo è rievocato in alcune scene significative in cui il protagonista manifesta tutto il suo orrore per la guerra e i suoi generali, anche se con moderazione: una smorfia o un piccolo gesto della mano durante un pranzo o una conversazione all’ingresso dell’abitazione. Un corto dall’ambientazione claustrofobica, dove ogni stato d’animo vive imploso nei cuori degli ospiti noti e quelli poco noti (come i partigiani, nascosti in cantina). Buona la messa in scena in un’opera descrittiva che alimenta la memoria. Una rivisitazione che cerca di sensibilizzare i giovani spettatori.
E anche oggi tante storie al femminile con corpi ‘offesi’ come Eat di Moritz Kramer dove la macchina a mano “respira” con l’attrice protagonista, indaga l’interiorità di una modella che desidererebbe finalmente nutrire con del cibo il suo corpo. Una volta in camerino, prima mangia il suo solito yogurt a lume di candela e poi ogni suppellettile diventa qualcosa da divorare. E poi la sposa di Il più bel giorno della mia vita di Cataldino Santoro, che attende il suo compagno all’altare mentre gli invitati non risparmiano amenità di ogni tipo. Film curioso perché pesca nella tradizione della commedia agro-dolce italiana e aggiunge una dose di cattiveria inaspettata. Forse 5 minuti in meno avrebbero regalato miglior ritmo e vivacità alla narrazione. E la vedova addolorata del surreale musical Son dos dias di Andrés Lopetugui Santos: la donna è al camposanto per piangere l’amato compagno di una vita, senza il quale ogni cosa sembra senza senso. Ad aiutarla a comprendere il perché valga la pena godersi la vita in questo mondo, arriveranno diversi zombie che le parlano a ritmo di musica, esortandola a utilizzare anch’essa tale linguaggio. Per concludere, buone angolazioni di ripresa, uso attento del ralenti, coerenza tra la parte più drammatica iniziale e quella della “liberazione”, della crescita emotiva – entrambe affrontate con il linguaggio consono alla situazione – in Atomes di Arnaud Dufeys, dove si racconta la vita di un giovane innamorato del suo docente.