L’eterno ritorno della censura. Dopo una serie di casi storici – e molto probabilmente dai tempi di Totò che visse due volte – il divieto delle proiezioni pubbliche per un film torna a colpire il cinema italiano. Stavolta è toccato a Morituris, horror di Raffaele Picchio che sarebbe dovuto uscire in sala a novembre a Roma, per poi essere proiettato in altre città capoluogo. Questa la motivazione della commissione censura del Ministero dei Beni Culturali: “La Commissione di revisione cinematografica, visionato il film […] esprime, all’unanimità, parere contrario al rilascio di nulla osta per la proiezione in pubblico per motivi di offesa al buon costume, intendendo gli atti di violenza e di perversione sulle donne, motivati dal gusto della sopraffazione e dall’ebbrezza della propria forza rafforzata dal consumo di alcool e droga. Inoltre i “giustizieri” si accaniscono sia sui ragazzi, rei di violenza e sadismo, sia sulle ragazze vittime dei loro carnefici. Infine, negli atti di perversa violenza viene impiegato un topolino come un oggetto sessuale. Pertanto la Commissione ritiene la pellicola un saggio di perversività e sadismo gratuiti”.
Film girato in modo completamente indipendente e proiettato da tempo in diversi festival internazionali, Morituris si vede dunque negare il passaggio in sala con la motivazione del “sadismo gratuito”, laddove i cosiddetti “giustizieri” sarebbero accusati di accanirsi non solo sui carnefici, ma anche sulle vittime. Si tratta evidentemente di un giudizio contenutistico, per cui si sarebbero potute accettare le violenze solo se “esclusivamente” i colpevoli fossero stati condannati. Ma, appunto, l’assunto di Morituris è quello per cui è il male a vincere – così come recita la locandina -, è la violenza primigenea dei “fantasmi” di antichi romani a poter dire la parola conclusiva sulle efferatezze. E’, se vogliamo, un discorso sull’origine della violenza, sulle sue radici in una certa società. Che poi il discorso sia riuscito o meno non spetta ovviamente ai membri della commissione censura dirlo. Eppure si ha l’impressione che sia questa la loro intenzione.
La libertà e la veemenza visionaria e eccessiva degli anni ’70 appaiono con questa decisione ancora un po’ più lontane.