A riprova che a suo modo (e anche se forse il termine non gli piacerà molto), Massimiliano Bruno è un autore, ossia un regista dalla visione personale e precisa, il suo nuovo film Viva l’Italia non solo condensa in un paio d’ore il Bruno-pensiero su politica e vizi italici, ma soprattutto per la sua colonna sonora sceglie un pugno di canzoni pienamente rispondente ai suoi gusti musicali e ne fa un uso del tutto peculiare.
Musicato da Giuliano Taviani e Carmelo Travia, il film raggiunge il suo vertice nel rapporto espressivo tra musica e immagini attraverso una compilation pop-rock di canzoni italiane che raccontano lo stato della nazione passando dai cantautori al rap, dalla musica leggera tradizionale al peggior pop fino al folk contemporaneo venato di rock.
Per intenderci, a fare da biglietto da visita alla soundtrack ci pensa Caparezza con un pezzo inedito, Alita gli ani (che si ascolta sui titoli di coda) paradigma dell’identità sociale se non musicale del film; si spazia poi dalla militanza del Mio nemico di Daniele Silvestri all’indolente ribellione di Mannarino di Svegliatevi italiani, dal recupero di Marco Conidi (con Maurizio Filardo in La verità, omaggio a Zavattini a cui il film guarda, e con Filardo, Frankie Hi-NRG e Piji nella title track) all’orrido (volutamente) disco-pop di Senti il sentimento di Bruno. Fino a toccare una vetta paradossale con Italia di Mino Reitano, usata in chiave ironica e surreale durante una sequenza di scontri di piazza che da sola vale l’intero film di Placido sul ’68.
Le composizioni strumentali originali si adagiano sul tradizionale canovaccio italiano della musica per commedia con qualche contaminazione, ma non tolgono forza a un uso delle canzoni popolare e nostrano: che è esattamente l’idea di cinema di Bruno e che, come ben sa da quando si auto-irrideva in Boris, non significa comicità becera fine a se stessa.