A quasi 90 anni compiuti, Francesco Rosi vede riconosciuta la costanza e la coerenza del suo impegno civile nel cinema con l’assegnazione del Leone d’Oro alla Carriera. Si tratta in realtà di una “seconda premiazione”: Rosi ricevette infatti il massimo alloro a Venezia nel lontano 1963 con Le mani sulla città, film destinato a suscitare un polverone sia in Laguna (il verdetto della giuria fu duramente contestato, e per strette ragioni politiche) sia nella società civile del tempo. Da sempre promotore di un rapporto diretto e stringente tra cinema e impegno, oggi il Festival celebrerà la sua carriera riproponendo Il caso Mattei (1972) nella sua versione restaurata a opera della Cineteca di Bologna, opera premiata col Grand Prix al Festival di Cannes. Tra le altre sue opere più apprezzate, Salvatore Giuliano (1962), Uomini contro (1970), Cadaveri eccellenti (1976), Tre fratelli (1981). Protagonista di un intenso sodalizio artistico con l’indimenticato (e altrettanto impegnato) Gian Maria Volonté, Rosi ha segnato una stagione fondamentale e forse irripetibile del nostro cinema, di riconosciuta influenza non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Tra i migliori interpreti di un “rinnovato neorealismo”, che trasferisse gli strumenti del nostro cinema postbellico dalle rovine della guerra ai centri di potere della ricostruzione.