Lo scorso giovedì 17 maggio al Theatre Croisette, nell’ambito della Quinzaine des realisateurs del Festival di Cannes 2012, è stato presentato in una sala sold out, il nuovo film di Michel Gondry, The we e the I, mentre proprio ieri in rete sono state pubblicate le prime foto ufficiali di Mood Indigo, suo prossimo film in lavorazione con protagonisti Romain Duris e Audrey Tautou e sceneggiatura tratta da La schiuma dei giorni di Boris Vian. In un momento così prolifico per il regista francese – un autore sempre disorientante per il suo approccio filosoficamente e fattivamente indipendente al cinema – abbiamo trovato interessante analizzare il suo cinema prendendo spunto dal nuovo libro Michel Gondry, L’eterno dodicenne a cura di Emanuele Protano, edizioni Il foglio, pubblicato di recente. Titolo che prende spunto da un documentario che si intitola I’ve been twelve forever, dove l’autore confessa la sua anima di ragazzino.
Un volume con all’interno saggi di Mattia Della Rocca, Gloria Galloni, Giuliano Stacchetti, Arianna Pagliara, Matteo Berardini, Simone Isola, Leonardo Gregorio, Donato Guida, Tommaso Di Giulio (introduzione di Roy Menarini) e che ha il pregio di ragionare sulla filmografia di un autore indefinibile per antonomasia perché da sempre capace di ‘mischiare’ i generi, i linguaggi, rendendo la narrazione spesso non lineare e giocando con l’introspezione e il concetto di identità. Dal saggio di Protano sul postmoderno, a quello di Della Rocca/Galloni sul concetto di sogno, memoria e corpo, di Gondry si traccia il quadro di un autore “che ha sistematicamente e puntualmente decostruito i tic postmoderni, li ha vivisezionati uno ad uno, sempre e in ogni tappa della sua filmografia, per una marcia filologica senza sosta che fa del regista di Versailles uno fra i maggiori esponenti di questo percorso storicizzante”. Nel volume si fa cenno al rapporto di Gondry con Charlie Kaufman, sceneggiatore di Human Nature e di Eternal Sunshine of the Spotless Mind (in italiano tradotto insensatamente con: Se mi lasci ti cancello) e che, secondo Protano “è stato in grado di accelerare il percorso storicizzante della postmodernità in maniera tanto conclusiva quanto teorica”. I due, dopo l’Oscar per la miglior sceneggiatura nel 2005 per Se mi lasci ti cancello (nel film come sottolinea Pagliara: “C’è il confronto-scontro tra civiltà e natura, ragione e istinto, coercizione e libertà”), si separeranno anche perché nel terzo film, Gondry sembra apparentemente cambiare genere e realizzare con Block Party un film-concerto per poi tornare solo con L’arte del sogno ai temi cari della memoria e del sogno. Netti rimandi invece tra Gli acchiappasogni e La spina nel cuore che: “parlano di civiltà archiviate o da riporre in soffitta, ambedue ripercorrono una storia di un tempo che fu, per due protagonisti che hanno lasciato il passo a un nuovo che vuole rivendicare la sua funzione storica”. Inoltre il testo non poteva trascurare il rapporto di Gondry con la musica visto che l’autore solo a 38 anni ha iniziato a dedicarsi al cinema dopo essere stato apprezzato a livello mondiale come regista di videoclip per Björk, White Stripes, Beck, Chemical Brothers ecc. Anche in questa particolare forma di narrazione breve, Gondry già più volte aveva giocato sul concetto di reale e inventato, emerso poi in maniera ancora più lampante all’interno della sua poetica cinematografica che non ha mai smesso di rimanere legata a filo doppio all’animazione. Nella seconda parte, il libro si sofferma sull’analisi di ogni film, continuando il gioco di rimandi tra le pellicole e i temi fulcro della poetica gondriana.
Concludiamo segnalando la quinta edizione di “Bravo ma basta film” a Milano il 23 giugno. Un festival dedicato ai film a costo zero e creatività mille. Per maggiori informazioni: www.bravomabasta.com.
GIOVANNA BARRECA