La lotta di Davide contro Golia, ai giorni nostri. Non è la prima volta che il cinema documentario racconta di multinazionali e logiche spietate di mercato, né che si sofferma a narrare i casi di piccole realtà in guerra contro i colossi dell’economia mondiale. E nell’edizione 2012 del Bellaria Film Festival s’inizia a rilevare una tendenza generale, quantomeno nel fuori concorso di Panorama Internazionale: una ricorrenza di documentari a tematica ecologica, nel senso più ampio del termine. Dalla difesa di ecosistemi a rischio, all’abuso di carne nelle diete di tutto il mondo, alla spietatezza della grande distribuzione. Ma Big Boys Gone Bananas!* di Fredrik Gertten costituisce un caso a parte, che tramite il linguaggio del documentario assembla denuncia civile, difesa della libertà d’espressione, e addirittura metacinema.
Gertten infatti gira un documentario su un suo stesso film del 2009, Bananas!*, che è stato al centro di una lunghissima battaglia col colosso alimentare della Dole Food Company. In Bananas!* infatti il filmmaker svedese aveva documentato la causa legale (vinta) di un gruppo di lavoratori nicaraguensi che denunciava l’uso di pesticidi tossici nelle piantagioni di banane della Dole. Pesticidi che avrebbero provocato sterilità ai lavoratori.
Il film doveva essere presentato in concorso al Los Angeles Film Festival del 2009, ma fu bloccato dalla multinazionale tramite insistite azioni intimidatorie, tanto che la stessa organizzazione del festival finì per prendere (ridicolmente) le distanze dal film selezionato. Gertten documenta in Big Boys Gone Bananas!* tutte le traversie subite dal suo film, e ne fa un racconto onesto e avvincente. Di nuovo ci troviamo davanti a un caso di contaminazione. Partendo infatti da materiali di cinema documentario, Gertten dà al suo film, in sede di montaggio, una struttura quasi da legal thriller all’americana, con colpi di scena ben piazzati – la sequenza in cui il Los Angeles Film Festival presenta il film di Gertten, disconoscendolo al contempo, è un capolavoro di cinema del reale che, nel suo farsi qui-e-adesso, si allinea ai canoni di un’emozionante e “spontanea” fiction. E riesce anche a portare avanti un appassionante metadiscorso sul mestiere del documentarista, a rischio d’imbavagliamento in un mondo democratico in cui la libertà d’espressione va spesso in deroga.
A Gertten va poi riconosciuto un gusto davvero raffinato (non frequentissimo nel documentario di denuncia) per l’inquadratura, giocando perfino sulla mise en abyme visiva. Quando, durante il festival di Los Angeles, assistiamo all’incipit del film Bananas!*, lo schermo si espande davanti ai nostri occhi. Racconto di una proiezione di un film davanti a un pubblico da festival, incastonato in un altro film-documentario che ne racconta le traversie. Davanti a un pubblico da festival, che siamo noi in platea a Bellaria. La storia ha anche un suo lieto fine, poiché la Dole ha dovuto “lasciar libero” il film di Gertten e pagargli anche una multa cospicua per danni. Segno che, come molti ripetono nel film, quando una multinazionale drizza le orecchie e fa guerra a una piccola casa di produzione cinematografica svedese, il torto è già palese. E, in fin dei conti, anche il lieto fine rientra nelle convenzioni del legal thriller. Talvolta la realtà non supera la fantasia, ma (ahinoi) la ricalca.