Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti
A quanto pare al pubblico americano avere una donna presidente non piace poi molto. Lo hanno dimostrato le primarie del 2008 che tra le fila dei democratici hanno preferito presentare alle elezioni Barack Obama piuttosto che l’ex First Lady Hillary Clinton. Ma ancor prima, nel 2005 (in Italia su Raiuno nell’estate 2006 e in questi mesi replicata su Diva Universal), forse lo aveva dimostrato il pubblico di Commander in Chief, serie televisiva incentrata su Mackenzie Allen, prima donna presidente (nella finzione) nella stanza ovale. Infatti, nonostante i numerosi e notevoli riscontri di critica e riconoscimenti (tra cui tre candidature ai Golden Globe e la vittoria per la sua protagonista) e un iniziale gradimento di pubblico, la serie, dopo una sola stagione, fu cancellata dal palinsesto della ABC, che l’aveva messa in cantiere per dare battaglia di ascolti alla NBC con il più longevo The West Wing. Come viene mostrato nell’episodio pilota, Allen però non è stata eletta dal popolo come presidente, ma è vice del presidente Bridges di cui prende il posto in seguito alla sua morte repentina per un aneurisma. Le alte sfere ovviamente non vogliono una donna per sostituire l’uomo – specie se politicamente indipendente e poco incline alla pratica di un mestiere che in realtà conosce solo nella sua teoria -, ma il presidente del Congresso Nathan Templeton, un uomo cinico e maschilista appartenente alla vecchia scuola. La struttura della storia è infatti tutta incentrata sull’opposizione fra quest’uomo e questa donna, fra il passato e il presente di un mondo come quello occidentale, tanto arcaico quanto maschilista e provinciale, che si rispecchia anche nei vertici governativi. Così, lo scontro fra i due si trasforma ben presto in una battaglia fra i sessi e sullo schermo in uno scontro di raffinata recitazione fra due mostri sacri come Geena Davis e Donald Sutherland. Sullo sfondo la dura vita quotidiana di un presidente costretto ad occuparsi continuamente di emergenze che riguardano il Paese e una famiglia (un amorevole marito e tre figli, che mal sopportano i nuovi cambiamenti e il cambio di dimora, e ad un certo punto persino una madre chioccia).
Mackenzie Allen è una donna forte e intraprendente, fino a quel momento politologa e rettore di una prestigiosa università, impegnata più a teorizzare sulla politica che a metterla in pratica. Un’intellettuale, una persona aperta e progressista che vede il mondo politico attraverso il modello storico di un Franklin Delano Roosevelt o di un Kennedy. In realtà il vero modello è quello populista e utopistico del mondo politico dipinto dal cinema del New Deal (nato proprio sotto il governo di Roosevelt) di Frank Capra attraverso una produzione filmica dove la politica, che sia o non sia elemento esplicito, è sempre funzione centrale dei personaggi, pensiamo a opere come È arrivata la felicità, Orizzonte perduto, L’eterna illusione e Arriva John Doe, senza nemmeno citare l’esplicito Mr. Smith va a Washington. Un modello da cui anche il “collega televisivo” della Allen, il Josiah Bartlet di The West Wing, prende ispirazione (e con lui il suo autore Aaron Sorkin). Una donna alla Casa Bianca (brutto titolo italiano per il più efficace Commander in Chief) diventa così più modello astratto della politica, dissertazione utopistica di ideali e non di come viene davvero messa in pratica ai nostri giorni. Un come dovrebbe essere e non com’è; pur sempre integrata dalla concretezza dei fatti di geopolitica più eclatanti della nostra contemporaneità (il conflitto in Medio Oriente, il terrorismo, l’inizio di una crisi economica, etc.). Scritta e diretta da Rod Lurie, la serie si aggancia nella sua struttura al grande modello di The West Wing da cui riprende il meccanismo corale, il suo modello liberale e populista. Ma più della sua serie modello questa non dimentica nemmeno una grossa dose di vita privata, che mostra personaggi e vite alle prese con la quotidianità, con i problemi, ovviamente amplificati, di una qualunque famiglia dell’alta borghesia.