Una figura immersa nel mistero quella di Edgar Allan Poe, la sua vita e la sua morte sono legate a varie leggende e ricostruzioni più o meno veritiere. Quel che è certo è che è stato un grandissimo narratore e poeta, vissuto nella prima metà del XIX secolo, tra i maggiori rappresentanti del romanzo gotico nonché antesignano di più generi fra i quali spiccano nella sua prolifica produzione il thriller psicologico, l’horror e il poliziesco. Ma la sua vita, ancor più della sua sfortunata carriera, che non riuscì mai a farlo vivere dignitosamente, fu costellata da molti dolori fra i quali spiccano la morte di entrambi i genitori all’età di due anni e dell’amatissima e giovanissima moglie.
James McTeigue, regista acclamato di V per Vendetta, dopo l’insuccesso di Ninja Assassin, torna dietro la macchina da presa per confezionare un prodotto molto più tradizionale delle sue due opere precedenti. Per questo The Raven, il regista australiano trae ispirazione dalla vita e dai racconti di Poe e mette in scena un thriller in costume ambientato a metà dell’Ottocento, che possiede però tutti i virtuosismi tecnici e psicologici di una pellicola di ambientazione contemporanea. Al contrario, gli sceneggiatori Hanna Shakespeare e Ben Livingston utilizzano il sottobosco della letteratura gotica e di genere di matrice anglosassone (compreso qualche elemento dickensiano) per costruire una finta biografia degli ultimi giorni di vita del maestro impegnato a scovare un serial killer che sta terrorizzando la città di Baltimora compiendo una serie di efferati delitti ispirati ai suoi racconti. Gli elementi biografici – la depressione per la morte della moglie, la povertà, il modo in cui è morto – nel film diventano solo veicolo per la caratterizzazione psicologica del protagonista, che deve trovare il colpevole insieme a un giovane detective. Ed è così che The Raven si allontana da qualsiasi formula di biopic per diventare film di genere a tutti gli effetti, dove oltre al thriller sono presenti tutti i mescolamenti di un prodotto medio che ingloba nella storia una piccola dose di umorismo, la simpatia e l’ambiguità dell’eroe, i vari colpi di scena. Tutti elementi molto tradizionali dove si aggiungono quelli legati al periodo storico degli anni della Rivoluzione Industriale, dove al progresso fanno capolino i grandi temi legati alla contemporaneità, quali la manipolazione dei mezzi di informazione, un giornalismo votato allo scandalistico, la tecnologia e persino il valore della critica letteraria.
Ma dietro la confezione discreta non si può non leggere l’intento di un prodotto che non possiede nessun guizzo originale e brillante (la regia di McTeigue senza la formula estetica adottata in V per Vendetta si perde nell’anonimato), che per quanto elegante e cercando di avvicinarsi al buon pathos dell’ormai classico dei fratelli Hughes, La vera storia di Jack lo squartatore, alla fine resta soltanto un prodotto che si lascia guardare (più o meno) volentieri, ma che non aspira a nulla di più nonostante qualche piccola dote qua e là, come ad esempio una simpatica citazione a Buried-Sepolto dello spagnolo Rodrigo Cortés, e un cast che fa il suo dovere.
Vai alla SCHEDA FILM