L’Orso dei Taviani

29/02/12 - Presentato a Roma, Cesare deve morire, vincitore a Berlino. I registi hanno commentato la vittoria, insieme a Moretti, distributore del film.

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  • Nanni Moretti, distribuitore del film
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    Grazie a Cesare deve morire l’Italia è tornata a vincere l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, a 21 anni di distanza da La casa del sorriso di Marco Ferreri. Ma, come tiene a precisare Nanni Moretti, distributore italiano del film con la Sacher – che distribuirà il film a partire dal 2 marzo in 40 copie – la vittoria è dei Taviani, più che dell’Italia. Un punto di vista semplice e, come al solito, rivelatore dello spirito polemico del regista di Habemus Papam espresso con il consueto humour nel corso della conferenza stampa di presentazione a Roma di Cesare deve morire, tenutasi oggi al Nuovo Sacher, la storica sala gestita dallo stesso Moretti. E 40 copie sono un numero tutt’altro che esiguo per un distributore indipendente che deve scontrarsi con un mercato asfittico, dove un film come Una separazione, ad esempio, distribuito dalla stessa Sacher, è stato visto in Italia da meno del 10% del pubblico ottenuto in Francia (quasi un milione di spettatori) e solo adesso, grazie all’Oscar come miglior film straniero, può sperare in maggiori introiti.

    Parola ai Taviani dunque, che hanno ricordato i sentimenti contrastanti di fronte al loro nuovo film, in cui per la prima volta sentono di dovere molto, moltissimo, agli interpreti: gli attori-detenuti del carcere romano di Rebibbia che hanno messo in scena il Giulio Cesare di Shakespeare. Sentimenti contrastanti su libertà e prigionia, su costrizione e condizione umana, che hanno commosso ancor di più i due registi alla notizia della vittoria dell’Orso d’Oro, più di quanto non fosse successo nel ’77 con la Palma d’Oro al Festival di Cannes per Padre padrone. Paolo Taviani ha poi rilanciato la battuta iniziale di Moretti, sull’idea che Cesare deve morire possa essere una vittoria per l’Italia, smorzandone e precisandone i termini: “Un po’ è vero. Ma non tanto per il cinema italiano, proprio per l’Italia. E’ capitato che qualcuno sia venuto da noi o ci abbia scritto ringranziandoci, dicendo ‘Grazie per l’Italia’. Uno ci ha anche detto che ha addirittura messo il tricolore fuori dalla finestra. Poi ci ha telefonato il ministro Lorenzo Ornaghi e anche lui si è complimentato. Abbiamo raccolto il ringraziamento, ma subito abbiamo rilanciato chiedendogli di investire di più nel cinema. Lui ha detto che ci proverà, anche se purtroppo i soldi sono quelli che sono”. I Taviani hanno poi parlato di questioni più tecniche relative al film, a partire dalla decisione – dovuta all’esiguo budget – di girare in digitale. La diffidenza e lo spavento iniziale verso la ontologica “leggerezza” del mezzo è stata però subito superata, tanto che per la prima volta i due registi hanno girato molto più materiale di quel che poi è andato nel film. “In un primo momento è stata una pacchia, perché potevamo girare quanto volevamo – ha detto Vittorio – poi però al montaggio ci siamo resi conto che avevamo un po’ esagerato e ci abbiamo messo del tempo per venirne a capo. Comunque la sensazione di enorme libertà che si ha a disposizione con questo mezzo è rimasta”.

    Cesare deve morire era già stato rifiutato da quasi tutti i distributori, finché lo scorso novembre non l’ha visto Moretti, decidendo subito di prenderlo. Ma, nonostante ciò, i Taviani non hanno voluto fare polemica con il mondo del cinema mainstream e, sollecitati ad esempio a riflettere sullo strapotere delle commedie nel cinema italiano degli ultimi anni, hanno risposto che è sempre stato così nel nostro paese, la commedia ha sempre dominato i botteghini. E che oggi, come in passato, comunque ci sono dei talenti nel nostro sistema cinematografico, che continuano a fare un cinema diverso.

    ALESSANDRO ANIBALLI