Belli e indipendenti – Indagine sull’odierno cinema indipendente a cura di Giovanna Barreca
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Sabato scorso l’Italia ha festeggiato la vittoria dell’Orso d’oro per Cesare deve morire dei fratelli Taviani, opera che ha lo spirito dell’operazione indipendente di due grandi autori che, come scriveva Fabio Ferzetti sul Messaggero: “In mezzo secolo di lavoro non hanno perso il gusto del rischio e dell’invenzione”. Un gesto, quello dei Taviani, perfettamente in tema con la nostra rubrica sul cinema indipendente, così come lo è – forzatamente – lo stato in cui si trova la Grecia in questi mesi e perciò, come la settimana scorsa, torniamo alla penisola greca grazie al nuovo film di Ruggero Dipaola, produttore de L’occhio e la luna e regista e sceneggiatore (con Heidrun Schleef e Luca Benedittis) del suo film d’esordio: Appartamento ad Atene. Tratto dall’omonimo romanzo di Glenway Wescott del 1945, edito in Italia nel 2003 da Adelphi, il film ci riporta al cinema dei Taviani de La notte di San Lorenzo (premio speciale della Giuria al Festival di Cannes 1982) perché anche qui cogliamo un ottimo spunto per riflettere sul concetto di Resistenza intesa come fenomeno che coinvolge la popolazione civile. Contemporaneamente, Appartamento ad Atene (girato tra la Puglia e Cinecittà) ha il pregio di portarci alla Grecia di oggi perché, come ha sottolineato anche l’autore intervistato prima della presentazione del film al Sudestival, il pubblico trova forti parallelismi tra mondo storico passato e presente, “con l’oggi nel rapporto Grecia-Germania”.
Il film, presentato in diversi festival in tutto il mondo nel 2011 (Palm Springs, Dublino, India, Francia) e vincitore come miglior fim “vetrina giovani cineasti indipendenti” all’ultimo Festival di Roma, si apre con un’immagine metaforica: dei bimbi hanno intrappolato in un cerchio di fuoco un insetto. Al centro della vicenda che si svolge nel 1942 la famiglia Helianos, una madre, un padre, due figli poco più che adolescenti (il maggiore morto in guerra) in stato d’assedio. Prima del conflitto mondiale erano una famiglia agiata grazie al lavoro del padre, editore di libri scolastici. La loro casa ad Atene è giudicata accogliente e funzionale dal comandante tedesco Kalter che decide di farla sua. La famiglia si sottomette. “Sono servi senza altra identità che la loro acquiescenza”, come precisato nella sinossi. Tale stato è il fulcro del film che non ha cali di tensione né sbavature nella costruzione delle psicologie di tutti i personaggi prima preda del terrore, poi servi e rassegnati sia quando il comandante è presente, sia quando è lontano ma percepibile nell’appartamento, in ogni loro gesto, quasi nel loro modo di pensare. Incombe su di loro fino al suo ritorno e al tragico epilogo finale. Nel rendere credibile il periodo d’assenza di Kalter, tra l’eccitazione nei confronti di un’inedita e falsa libertà e il perenne stato di inquietudine, Dipaola ha vinto la scommessa nel tratteggio del microcosmo della varia umanità messa in scena. La quotidianità della guerra che non ha bisogno di rappresentare la morte, le bombe, il sangue per manifestarsi in tutta la sua orribile tragedia. Come sottolinea anche Michele Suma direttore del Sudestival che stasera ospiterà la proiezione del film al cinema Vittoria di Monopoli: “La magistrale direzione degli attori (Laura Morante, Gerasimos Skiadaressis, Richard Sammel, Christian Grashof) in scena si muove riproducendo nello spazio ristretto di un appartamento le dinamiche relazionali attraversate dal sopruso e dalla violenza più profonda. L’essere dell’occupante nazista ha bisogno del non-essere dell’occupato ellenico. E’ la consapevole “sostituzione di civiltà” progettata, voluta e pronunciata dall’ufficiale”.