Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA
Evitando il solito documentario musicale con le grandi star che si raccontano, Davis Guggenheim – conosciuto dal grande pubblico per Una scomoda verità – in It might get loud sceglie come protagonista la regina del rock: la chitarra elettrica. La nuova squadra guidata da Maria Bonsanti e Alberto Lastrucci ha scelto un documentario sperimentale di un autore affermato come evento di apertura dell’edizione numero 52 che vuole rivolgere grande attenzione al “reale tra ricerca, trasversalità e innovazione” e portare al cinema Odeon e allo Spazio uno, sale della kermesse fiorentina, anche un pubblico giovane perché cambi l’approccio con questo genere cinematografico. E tanti i ventenni e trentenni, oltre ad alcuni cinquantenni eccellenti come Piero Pelù, tra gli spettatori accorsi per scoprire le chitarre di preziosa fattura di The Edge e Jimmy Page e quella rossa da 15 dollari di Jack White che in apertura mostra anche come si possa riprodurre il suono di una corda riuscendo a tenderla con l’aiuto di una bottiglia in vetro di Coca cola, un paio di chiodi e un pezzo di legno. Il tutto girato in un luogo surreale immerso nella natura del Tennesse che riesce a caratterizzare maggiormente il personaggio e il suo approccio con la musica. Tre modi diversi: dall’architetto del suono, come da sempre è definito The Edge, mitico chitarrista degli U2 al purista Jimmy Page dei Led Zeppelin, al dissacratore Jack White, leader dei White Stripes che vive come una battaglia il rapporto con lo strumento che offre alla sua voce il giusto accompagnamento.
In prima nazionale a Firenze, dopo la presentazione al Toronto film festival, It might get loud mette in scena, in un teatro di posa, tre personaggi che si raccontano nel loro approccio con la musica, e soprattutto con la chitarra che esprime il loro modo di vivere l’arte e in un certo modo anche la vita, indagando nel profondo della musica rock. Per The Edge questo viaggio lo porterà anche nella vecchia scuola dove il batterista Larry attaccò il volantino che diede inizio a tutta l’avventura degli U2 e poi sulla spiaggia dove la sua chitarra gli permette di dialogare con le isole. Jimmy Page, grazie alle corde del suo strumento, riesce ad allontanarsi dal campo visivo quotidiano. Per Jack White l’indagine invece porta direttamente alle origini del rock. L’elettricità che enfatizza l’energia alla base di una ricerca che ha reso i tre musicisti le colonne portanti non solo dei loro gruppi ma di un processo di approccio diverso con la chitarra e ciò che essa rappresenta. Un documentario che rende il pubblico spettatore privilegiato: osservatore dell’arte al lavoro.