Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA
Entusiasmano i duetti di Extra che indagano da vicino il lavoro dell’attore e, come afferma il direttore della sezione Mario Sesti “la recitazione come territorio sconfinato”. Ed era piacevolmente prevedibile che Sergio Rubini, in coppia con Riccardo Scamarcio, avrebbe portato sul palco dell’Auditorium la sua intelligenza e sottile ironia, divertendo e facendo appassionare la sala gremita. Tanti i piccoli aneddoti sull’ncontro con Bruno Ganz che neutralizzò i suoi trucchi, sulla lavorazione con Anthony Minghella per Il talento di Mr Ripley che gli permise di capire la profonda distanza nella maniera di recitare tra America ed Europa: “Noi non ricerchiamo l’immedesimazione totale con i personaggi perché il nostro è un approccio culturale diverso” – ha detto l’attore-regista. Non manca il racconto dell’incontro fortuito con Federico Fellini, nato da un equivoco e quello con Scamarcio sul set di Texas di Fausto Paravidino. Rispondendo ad una domanda sul ruolo dell’attore, posta da Mario Sesti, Rubini afferma: “C’è una perdita di coscienza se il lavoro va in una direzione autentica anche se non c’è consapevolezza mentre ciò accade. Il lavoro, il gioco della recitazione sta nel perdersi e ci sono due modi di farlo. C’è la commedia dell’arte, dove pochi tratti danno tutto, ma poi c’è anche quel luogo metafisico dove l’io dell’attore viene distrutto e diventa il veicolo di un’energia divina: un medium di qualcosa di impalpabile”.
Per i presenti in sala è stato forse una sorpresa scoprire che Scamarcio (presto protagonista di una sequela di film: Cosimo & Nicole di Francesco Amato, Bop Decameron di woody Allen, Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni e La delegazione, il nuovo film da regista di Rubini in cui sarà al fianco di Lino Banfi e Michele Placido) è un attore che ama sperimentare e che, seppur spaventato, si lancia in progetti lontani da quello che il mercato gli continua a offrire. Sergio Rubini ha prima di tutto sottolineato che ha voluto il giovane collega nei sui film (Colpo d’occhio e L’uomo nero) soprattutto perché ha capito da subito quanto fosse consapevole della sua bellezza e sapesse donarsi senza resistenze. Poi gli riconosce il grande merito di essersi sottratto coraggiosamente al gioco dei sequel per adolescenti dopo Tre metri sopra il cielo, portando così il suo pubblico a seguire e vedere anche “altro”. L’idea che ne deriva è quella di un pubblico che evolve insieme al “suo” attore. Del profondo percorso di crescita di Riccardo Scamarcio ne è testimonianza, all’inizio del dibattito, la visione di Io non sono io. Romeo & Giulietta e gli altri, documentario di Paolo Santolini sul lavoro intrapreso per portare in scena la piéce teatrale diretta da Valerio Binasco. Un documento davvero prezioso, che non si limita a fotografare e restituirci tutto quello che è il lavoro sul palco, ma racconta il non detto e denuncia in maniera forte il mondo – malato e purtroppo profondamente ignorante – dei media e dei giornalisti, in particolare di quelli che circondano il cinema, come anche il teatro e probabilmente tutte le arti. Binasco permette al suo Romeo di lavorare su diverse zone oscure, di provocare sé stesso restituendogli così nuova vita artistica. Scamarcio ha iniziato al Centro Sperimentale e voleva fare il cinema: “Non ho mai voluto pensare di aver trovato in quei film di cassetta la formuletta magica e reiterarla”. Voleva portare avanti le sue idee che manifesta senza alcun timore quando, sfogandosi, ammette di odiare fortemente determinati meccanismi che per esempio hanno penalizzato L’uomo nero, tradito dalla distribuzione: “Nel nostro paese c’è una situazione di blocco mortale. La situazione è mortifera e tutto deve passare sotto il giudizio. Di chi poi? Di giornalisti conniventi col potere tutto il tempo?” afferma in conclusione dell’incontro ricollegandosi in parte alla denuncia del documentario di Santolini.