Alle tante fortunate versioni cinematografiche de I tre Moschettieri di Alexandre Dumas, di cui probabilmente una delle più note resta I tre Moschettieri e i gioielli della regina di Richard Lester (1973), si aggiunge adesso anche quella del paladino del B-Movie d’azione Paul W.S. Anderson, artefice di film del calibro di Mortal Kombat e Punto di non ritorno, nonché abilissimo adattatore di videogiochi (la serie di Resident Evil). La sua pellicola, intitolata semplicemente I tre moschettieri, aggiunge alla storia di Dumas il 3D e inventa un prologo che sembra clonato da qualche libro di Dan Brown, con tanto di scoperta di un’invenzione inedita di Leonardo Da Vinci: una mongolfiera armata. La storia è nota: Porthos (Ray Stevenson) Athos (Matthew MacFayen) e Aramis (Luke Evans) con l’aggiunta di D’Artagnan ( Logan Lerman) devono riconquistare i gioielli della Regina per scongiurare una guerra tra Inghilterra e Francia, ordita dal perfidoRichelieu (Christoph Waltz).
Paul W.S. Anderson non riesce a resistere al fascino della contaminazione tra generi e così trasforma il suo film in un’aspirante pellicola asiatica infarcita di di arti marziali (in stile tartarughe ninja), quindi recupera il filone “cappa e spada” e infine fa man bassa di effetti speciali, con buona pace di Da Vinci. Mentre le motonavi volanti si scontrano nel cielo, c’è posto anche per un’oleografica raffigurazione dell’amor puro tra uno dei peggiori D’Artagnan della storia del cinema e quella che dovrebbe essere la sagace e saggia Costanza (Gabriella Wilde). Ovviamente non mancano anche dei risvolti psicologi di quart’ordine, come ad esempio l’insicurezza amorosa del Re, lenita dal campagnolo D’Artagnan con il vecchio consiglio della nonna: basta essere sé stessi e aprire il proprio cuore, e tutto si sistema (ovviamente Freud non era ancora nato per poter dissentire). Infine, Anderson trasforma anche Richelieu in un agile spadaccino, lo vediamo infatti allenarsi con le sue balde guardie, mentre continua a tradire la corona, ma ad essere il favorito del re. Poco resta dell’ironia del romanzo originario, giusto qualche raro duetto tra i personaggi, il regista preferisce raffigurare i suoi moschettieri come se fossero dei ronin, nichilisti e disillusi, senza ideali né speranza. In questo panorama piuttosto mediocre, citazionista nell’ accezione peggiore del termine e confusionario, si salva solo l’interpretazione di Orlando Bloom. Il 3D non aggiunge nulla, anzi contribuisce a rendere il film ancora più kitsch e sovrabbondante. Ma tanto, sarà comunque un successo.
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