In ricordo di Cliff Robertson

14/09/11 - Scompare l'attore vincitore del premio Oscar per I due mondi di Charly. Volto solido e professionale dello Studio System.

Di Cliff Robertson si ricorderanno in pochi. Attore di quella professionalità tutta americana, che con gli anni, se la fama non continua a essere coltivata, tende a confondersi in mille volti e voci diverse, in realtà Robertson è stato protagonista di almeno un film memorabile. Si tratta di I due mondi di Charly (1968) di Ralph Nelson, tratto dal romanzo Fiori per Algernon di Daniel Keyes. Film per il quale Robertson si batté in prima persona, dal momento che acquisì i diritti del romanzo e li tenne per sé finché non trovò produttori e registi interessati alla realizzazione. Per I due mondi di Charly Robertson vinse l’Oscar al miglior attore, probabilmente una delle vittorie meno conosciute in assoluto, sia per la non diffusissima notorietà di Robertson sia per il genere di film a cui l’opera di Nelson appartiene, una fantascienza umanitaria raramente apprezzata dall’Academy. La storia di un panettiere mentalmente ritardato, oggetto di un esperimento futuribile sulla crescita delle capacità intellettive umane. Robertson si produsse nell’ammirevole interpretazione di un idiot savant, che da ritardato si trasforma in genio per poi ritornare tragicamente alla sua condizione iniziale. Di fatto, I due mondi di Charly è uno struggente melodramma, leggermente distorto in fantastico ma ancorato a un contesto umano e credibile. 

Prima e dopo, la carriera di Robertson non annovera ruoli o film particolarmente memorabili. Spesso defilato in parti secondarie, l’attore condusse in parallelo una carriera di cinema e tv, finendo per trovare più occasioni in vari serial che al cinema. Lo ritroviamo tra i cattivi della leggendaria serie anni ’60 di Batman nei panni di Shame, e in numerose partecipazioni come guest star (in Ai confini della realtà, Falcon Crest e Love Boat, ad esempio). Al cinema, nei classici Picnic (1955) di Joshua Logan, in Masquerade (1967) di Joseph L. Mankiewicz, in I tre giorni del Condor (1975) di Sydney Pollack, in La battaglia di Midway (1976) di Jack Smight, in Complesso di colpa (1976) di Brian De Palma. E in Star 80 (1983) di Bob Fosse, tragico biopic sulla breve vita della starlette Dorothy Stratten, assassinata dal gelosissimo marito, in cui Robertson ricopre il ruolo nientemenoché di Hugh Hefner, patron di “Playboy”. Negli ultimi anni, l’attore ebbe un ritorno di notorietà inaspettata, chiamato da Sam Raimi a interpretare lo zio Ben nella trilogia di Spider-Man (2002, 2004 e 2007). Ma, oltre all’Oscar vinto per I due mondi di Charly, è probabile che il suo nome resti impresso nelle memorie del cinema per aver dato adito a uno degli scandali più clamorosi della Hollywood anni Settanta. Nel 1977, infatti, Robertson accusò pubblicamente David Begelman, dirigente della Columbia Pictures, di aver falsificato un assegno di 10.000 dollari con la sua firma. In seguito si scoprì che Begelman aveva raggranellato ben 65.000 dollari utilizzando lo stesso stratagemma di firme false. Robertson ha sempre affermato che per questo la sua carriera fu pesantemente penalizzata durante tutti gli anni Ottanta. In pratica, nei suoi confronti i produttori hollywoodiani, vedendo nel gesto un atto di tradimento dello “studio system”, misero in atto una sorta di epurazione in stile “commissione McCarthy”. D’altra parte, il candore di Charly non avrebbe mai potuto sopportare la cinica falsità di certi ambienti.

MASSIMILIANO SCHIAVONI