Dalla nostra inviata LIA COLUCCI
E’ strettamente connessa al teatro nell’ultimo periodo la vita di Al Pacino, il divo italo-americano che ha consacrato la propria esistenza alla recitazione e, in quest’ultimo tratto della sua carriera nello specifico, all’interpretazione di grandi piece classiche. Così l’artista, che è arrivato al Lido fresco del successo teatrale de Il mercante di Venezia di Shakespeare, giunge al Lido non solo per ritirare il Premio Jaeger –Le Coultre Glory to the Filmmaker, riconoscimento alla carriera come regista, ma anche per regalare al pubblico l’anteprima di Wilde Salomè, la sua ultima opera che chiamare documentario di una messa in scena teatrale sembra riduttivo. Come ha detto Pacino “Wilde Salomè è un collage dove il regista è un naufrago che cerca di mettere insieme delle cose che possano avere un senso”. Attraverso il metodo Stanislavskij Pacino si tuffa in un doppia storia: la Salomè da una parte e la controversa vita di Oscar Wilde dall’altra. La Salomè viene interpreata a teatro con una rappresentazione scarna, priva di qualsiasi ornamento, anche i vestiti e gli addobbi di scena vengono eliminati tanto che la stessa Jessica Chastain (Salomè) rimane senza orpelli ma molto efficace nella sua naturale e perfida bellezza, mentre Pacino nella parte di Erode assume quasi dei tratti effemminati, forse influenzato dall’autore, e perversi in assenza di qualsiasi trucco.
Parallelamente scorre il viaggio dell’attore regista alla scoperta del grande scrittore vittoriano: il matrimonio, i figli, i vari amanti. Il luogo in cui nacque e quello in cui morì. Ma soprattutto il tragico evento che segnò la sua vita l’amore straziante per Alfred Douglas, che lui chiamava affettuosamente Bose, relazione scabrosa che lo condurrà in galera, dopo un tormentato processo, per ben sei anni. In questa occasione il regista proietta il film all’esterno, facendo sentire il parere dello scrittore Gore Vidal, del leader degli U2, Bono che ovviamente confermano quanto sia stata importante la voce anticonformista di Wilde e quanto ancora rappresenti, non solo uno dei massimi drammaturghi dell’ottocento, ma anche uno dei massimi esempi di anticonformismo. Pacino aveva già mescolato teatro e cinema come regista nel 1996 per Looking for Richard, pellicola sul Riccardo III shakespiriano. Stavolta il risultato non è dei più memorabili, ma l’incontro tra Oscar Wilde e Al Pacino è sicuramente fatale. E’ nato un nuovo amore. D’ora in poi il regista si barcamenarà tra il Bardo e il tormentato vittoriano?