Dalla nostra inviata Giovanna Barreca
Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA alla regista:
Una laurea in Lingue e civiltà orientali, una frequentazione decennale dell’India per ricerche sul campo sui movimenti femministi ed ecologisti presenti sul territorio, e poi l’incontro con una tematica di genere molto forte. Nel Paese delle caste una vecchia legge coloniale inglese, la 377 del codice penale, condannava al carcere a vita qualsiasi atto sessuale tra adulti dello stesso sesso, o con animali. Il 2 luglio 2010 Adele Tulli racconta il primo compleanno, i primi 365 giorni dall’abolizione di quell’infamia, come la definiamo durante l’intervista che l’autrice ci concede. Scegliendo un mezzo diverso dai consueti per le sue ricerche, affidandosi completamente alla tecnica altrui, con un occhio attento e maturo ci guida in quella che è una vera e propria festa. Uno dei tre protagonisti definisce l’abrogazione del retaggio la seconda rivoluzione avvenuta nel paese e dagli sguardi di chi attraverso le barre di un cancello scruta sospettoso la festa a Bombay, da quello che esponenti religiosi blaterano in televisione parlando di sciagura in atto, ha proprio tale valore.
Una pretesa di realismo in un’indigestione di dettagli utilizzati nelle sequenze per permettere allo spettatore di essere il primo a perdersi nella visione, a porsi per primo dentro la scena cui sta assistendo. Non ci viene nascosto nulla anche nelle testimonianze di Beena, Pallav e Abheena, tre dei fautori dell’abrogazione, conosciuti prima della festa, seguiti come emblematici di tre percorsi fatti da tanti che da adolescenti riconoscono la loro diversità e la nascondono dietro a stereotipi e a situazioni precostituite da altri. L’avventura ha avuto inizio quando hanno preso coscienza di sé. La dimensione sessuale presente in tutto il documentario logicamente non viene esplicitata per dare rilevanza alle testimonianze di vita degli omosessuali incontrati, ai colori che caratterizzano le loro esistenze e il loro agire oggi, lontano da paure. Poi la musica, anch’essa creata in India come la realizzazione di tutto il lavoro di montaggio, gioca sulla stessa dimensione umana e la stessa cifra stilistica che ha caratterizzato l’opera prima.