Uno dei più giovani e recenti fenomeni della comunità virtuale si chiama Justin Bieber, è un ragazzino ancora minorenne con la faccia carina e pulita e i capelli simili al caschetto di Nino d’Angelo che ha raggiunte le vette della discografia mondiale partendo dai video amatoriali su Youtube. Oggi, MTV e il regista Jon Chu (Step Up 3D) ne realizzano un documentario concerto che ne esalti le doti (?) e il carisma (??). Il film si concentra sui 10 giorni che precedono l’esordio del cantante al Madison Square Garden, raccontando la sua vita e la sua parabola nello show business, illustrando il dietro le quinte dei suoi concerti, mettendo in mostra il fanatismo delle sue fans. Spottone a metà tra documentario pubblicitario e concerto in 3D che fa luce su un fenomeno oscuro e a suo modo illuminante della comunicazione odierna, da noi il film resterà in sala solo per un giorno, il 21 aprile.
Justin è un ragazzino mediamente simpatico, con un talento precoce per la musica (specie per le percussioni) che non ha coltivato a dovere accontentandosi di suonare un pop facile dalle influenze “soul” in fiere, feste e poi palchi sempre più grandi, accrescendo con accuratissime dosi di marketing la sua fama. Quello che avrebbe fatto un vero documentario sarebbe stato indagare su questo fenomeno e sui suoi risvolti mediatici: quello di Chu invece ne esalta la figura di bravo ragazzo cattolico, che canta per divertimento e ama i suoi fan, “sfruttando” artisti di colore di un certo calibro, ben lieti di farsi sfruttare per denaro. Operazione identica a quelle con Miley Cyrus (che appare) e i Jonas Brothers ma con musica sensibilmente peggiore, uno spettacolo ridotto all’osso con pochi effetti, un 3D che si limita a qualche dito puntato sullo spettatore e un Bieber che non parla mai alla camera, limitandosi a farsi riprendere, come un nuovo “Re sole”. Viene nostalgia di un film, pur discutibile, come This Is It.
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