Sotto il vestito niente – L’ultima sfilata Carlo Vanzina torna sul luogo del delitto di 25 anni fa, haute couture.
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23/03/11 – Nel 1985, dopo un considerevole numero di commedie, Carlo Vanzina fu chiamato a dirigere un thriller che si rivelò con gli anni un piccolo film di culto, Sotto il vestito niente. Oggi, lo stesso regista cerca di uscire fuori dall’abusato mare delle commedie e ripropone un thriller che, come quello di 26 anni fa, racconta di omicidi nel mondo della moda. Ma il tempo passa per tutti. E si vede. Una top model muore in un tragico incidente stradale e la sua maison decide di sostituirla con una ragazza somigliante. Ma la scia di cadaveri porterà presto l’ispettore Malerba a capire che tutto è connesso e a indagare di più attorno all’azienda dello stilista Marinoni. Vanzina, il fratello Enrico e Franco Ferrini sceneggiano un thriller che più che a De Palma o Hitchcock (ampiamente citati) preferisce rifarsi al giallo classico, al whodunit alla Agatha Christie risparmiando – rispetto al prototipo – sia in sangue che in erotismo.
Col predecessore infatti, quest’ultima (si spera) sfilata condivide solo l’ambientazione della Milano modaiola e l’intreccio assassino, rivelando un modo di concepire il genere che si pone a metà tra la televisione (difficile non pensare a Montalbano), i romanzi del brivido scandinavi e il cinema degli anni ’80, riproposto nello stile, nelle musiche di Pino Donaggio, nel montaggio di Raimondo Crociani, nelle location, nel doppiaggio degli attori, italiani compresi. Però la produzione è evidentemente al risparmio, tanto da glissare su quasi tutte le scene di morte o spettacolari (esclusa l’orribile, prima morte in strada al ralenti), la sceneggiatura si perde in digressioni e spiegazioni infinite – soprattutto quella ridicola ed estenuante del climax – e abbonda come la regia di errori e disattenzioni sesquipedali, come la lettura di una mail che inquadrata dice tutt’altro. E se il film, interpretato discretamente da Francesco Montanari, nonostante il dialetto siciliano, non è pessimo come i recenti flop di Argento è perché rischia meno, perché più piatto e televisivo rispetto ai rischiosi deliri dell’ex-maestro del genere.
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