(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca)
01/02/11 – Dopo che la nuova direzione del Festival del cinema di Locarno è stata affidata, per il secondo anno, a Olivier Père, le retrospettive sono tra i primi appuntamenti annunciati della kermesse che tutte le estati anima la città elvetica e la sua piazza Grande: il più grande cinema d’Europa dove è possibile godere dei film – quasi tutti in prima mondiale – in lingua originale con la sottotitolazione in almeno 2 lingue. E dopo Ernst Lubitsch, omaggiato durante la scorsa edizione, il Festival di Locarno, in cartellone dal 3 al 13 agosto 2011, presenterà in collaborazione con la Cineteca svizzera la retrospettiva completa dei film di Vincente Minnelli.
Come ricorda lo stesso direttore sul suo blog, Minnelli (1903-1986) è conosciuto dal grande pubblico soprattutto per le commedie musicali ma fu uno degli artisti che maggiormente contribuì al divismo europeo postbellico dall’America anche perché, data la funzione nella liberazione dell’Europa, il contributo degli Stati Uniti alla ricostruzione del vecchio continente mediante il piano Marshall – l’ombrello della Nato sull’Europa occidentale – permisero di esercitare un’influenza particolare su tutti gli aspetti dello sviluppo sociale ed economico. Inoltre, in seguito alla diminuzione degli incassi in patria, i mercati europei erano diventati essenziali per i profitti delle major hollywoodiane. “In bilico tra sogno e realtà, umanità e crudeltà, mondo reale e la sua stilizzazione, i film di Minnelli segnano l’apogeo del classicismo hollywoodiano, ma disegnano allo stesso tempo in modo personale ed elegante i sentimenti d’amore e i personaggi appassionati” precisa il direttore che per la retrospettiva offrirà la proiezione dell’opera omnia del celebre cineasta: tutti i film verranno proiettati nelle migliori copie disponibili in 35 mm e saranno analizzati all’interno di una tavola rotonda sul regista americano. In occasione della retrospettiva sarà pubblicato anche un volume firmato da Emmanuel Burdeau, già caporedattore dei Cahiers du cinéma, edito da Capricci.
Nel corso della sua carriera, Vincente Minnelli ha firmato una lunga lista di capolavori tra i quali il pluripremiato An American in Paris (Un americano a Parigi, 1951), The Band Wagon (Spettacolo di varietà, 1953), Lust for Life (Brama di vivere, 1956), Some Came Running (Qualcuno verrà, 1958), e Gigi (1958), insignito del premio Oscar per il miglior film e che valse a Minnelli l’Oscar per la miglior regia. Da questi titoli si può evincere come tutta la sua carriera rimase legata al trionfo qualitativo del musical (primi anni ‘50) che venivano prodotti dalla MGM e diretti da Minnelli e Stanley Donen (spesso insieme a Gene Kelly). Tali opere, se pure premiate anche dal pubblico e piazzate nelle classifiche dei top ten, furono considerate sempre troppo raffinate per arrivare alle cifre dei Kolossal (ricordiamo che il primo che punta su questo fenomeno, prima dell’arrivo degli americani sul Tevere con i film sull’antica Roma sarà Blasetti con Fabiola, costato 513 milioni).
Al nome di Minelli va legato poi a doppio filo quello di Audrey Hepburn che prima di Vacanze romane di William Wyler, non era mai comparsa in alcun film hollywoodiano anche perché Peter Kramer, subito dopo un breve provino, la definì perfetta soprattutto per un mercato di dimensione europea. Minelli la scoprì e la volle in diversi musical – primo Gigi che il regista diresse a Broadway – decretando il successo della fanciulla algida, figlia di madre olandese e padre anglo-irlandese, cresciuta tra Belgio, Inghilterra e Paesi bassi che durante la guerra si stabilì nella Amsterdam occupata dai tedeschi, per trasferirsi poi a Londra nel ’48 dove iniziò a lavora in riviste musicali.
Oltre alla retrospettiva, è stato presentato in anteprima anche il manifesto della 64a edizione del Festival che abbandona il “classico ghepardo” per legarsi al tema della “bella e la bestia”, creato da Jannuzzi Smith. Il poster è suddiviso in due sequenze, azione e reazione, separate da barre verticali che suggeriscono cattività e seduzione. La relazione tra i protagonisti è la stessa del pubblico nei confronti di un film. La ragazza e il leopardo si guardano dritto negli occhi ma sono separati da due distinte proiezioni che li rendono riconoscibili solamente guardandoli da due diverse posizioni. Queste distorsioni costringono lo spettatore a confrontarsi con le immagini da differenti prospettive, così come accade quando si guarda un film.