2015 – Palermo. Leonardo ha 19 anni, perde sangue dal naso, manifesta un disagio ma la madre gli dice di non preoccuparsi mentre lo accompagna all’aeroporto per iniziare la sua nuova vita a Londra come studente universitario di economia, insieme alla sorella maggiore che già vive nella capitale inglese. In soggettiva le montagne della città che sta lasciando con molta malinconia nel cuore. Stacco, siamo a Londra e come sottolinea una prima passeggiata per le vie della città prima dell’inizio di una serata in discoteca, Leonardo non è totalmente a suo agio e il rallenty e la musica classica lasciano emergere il suo malessere e la sua velata tristezza. Servono pochi giorni e piccoli screzi con la sorella per convincerlo a partire per Siena e intraprendere studi letterari, con una predilezione per Piero Giordani e il suo epistolario, Dante e il rapporto tra commedia e vita Nova, Dante e la prosa italiana allontanandosi da Pasolini e quella che Leonardo considera lingua corrotta. Così il viaggio di formazione dello studente passa attraverso la letteratura e un anno di solitudine in una stanza del centro di Siena, dove non vuole vedere nessuno rifiutando gli inviti dei compagni e la compagnia delle coinquiline. Ama i libri antichi e fa di tutto per procurarsi il denaro per acquistarli. La letteratura è la tana sicura dove rifugiarsi, escludendosi da un mondo con il quale ha paura di confrontarsi. Ha uno scontro con un professore su Dante e vorrebbe denunciarlo, sparge delle lettere contro il docente per l’università e poi le raccoglie velocemente e scappa via. Anche con la sessualità il confronto è mediato dalla distanza o da uno schermo perché non si conosce ancora realmente e lascia prevalere la paura all’emozione di un incontro. Sublima le proprie nevrosi. Non capisce la musica trap e si sente già vecchio in confronto ai ragazzi poco più piccoli che la ascoltano. Torino, Leonardo ha vent’anni e in una sera d’inverno si confronta su temi letterari con un intellettuale amico della nonna che gli ricorda come il fanatismo porti alla cretineria e al falso. Tra le strade di Torino poche ore dopo, inciampando, Leonardo finalmente sorride.
Una sinossi accurata perché nelle pieghe dei dettagli si può cogliere la cifra stilistica del giovane Giovanni Tortorici che in Orizzonti all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha presentato Diciannove, suo esordio alla regia molto autobiografico e naturale perché attinge al suo vissuto tanto che l’appartamento di Siena dov’è girato il film è quello realmente abitato da giovane siciliano durante i suoi studi fuori sede.
Nella nostra intervista, lo sceneggiatore e regista, assistente alla regia sul set della serie We Are Who We Are di Luca Guadagnino (qui produttore), ci racconta come la musica lo abbia aiutato a definire i toni e gli stati d’animo del suo protagonista e come con il direttore della fotografia Massimiliano Kuveiller abbiano cercato di rispettare la luce naturale delle quattro città protagoniste del film, capaci di raccontare anche i diversi stati d’animo che attraversano Leonardo, interpretato dall’esordiente Manfredi Marini.
Un film girato in pellicola, per un piacere totalmente estetico ricercato da Tortorici, con inquadrature mai scontate che sanno raccontare lo sguardo inquieto di Leonardo, così fedele solo al suo essere e al suo sentirsi così inadeguato nei confronti del mondo. Un fluire di immagini spesso senza bisogno di eccedere in dialoghi banali che permettono di entrare in profonda intimità con il protagonista, con la sua solitudine e la sua paura.
giovanna barreca