“Nel 2003 Mario Canale intervista Carlo Mazzacurati per un paio d’ore e parlano di cinema e letteratura, il suo essere sradicato a Roma ed essere poi tornato a Padova. Rivedendola abbiamo capito che quell’intervista sarebbe stata la linea rossa che avrebbe collegato tutto il percorso narrativo del documentario” afferma Enzo Monteleone che con Mario Canale ha diretto Carlo Mazzacurati – Una certa idea di cinema, documentario presentato a Venezia Classici all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Un documentario dove è Mazzacurati che racconta il suo cinema attraverso le sue parole e soprattutto le scene e i backstage dei suoi film; i pochi interventi di amici, attori sui suoi set (tra gli altri Maya Sansa, Antonio Albanese, Giuseppe Battiston, Valerio Mastandrea, Roberto Citran, Valentina Lodovini, Silvio Orlando, Marco Paolini, Isabella Ragonese) o produttori come nel caso di Nanni Moretti, sono giusti contrappunti alla narrazione. Emerge, come affermano anche i due autori ai nostri microfoni, una certa compattezza della sua filmografia dove alcuni dei suoi temi cari evolvono film dopo film. Mazzacurati è il suo sguardo sulla provincia spesso vuota e dove è difficile stringere relazioni perché: “Le province sono come un unico luogo, un modo di stare al mondo. E sono un modo di esistere e una luce che conosco” afferma in un’intervista. Mazzacurati è i ritratti di personaggi non sempre così definiti ma che amava molto, con una predilezione per i cattivi che “hanno un maggiore spessore psichico da ispezionare”. Mazzacurati è, come dice Moretti, capace di raccontare l’Italia del suo tempo. Mazzacurati è l’autore che spera che la salvezza sia dentro le storie e che lascia spesso che sia la musica a guidarlo.
Mazzacurati, a distanza di dieci anni dalla sua morte, continua ad essere e sarà sempre tutto questo e molto di più perché ha saputo, con pochi film, imprimere il suo stile e regalare all’Italia uno sguardo pieno di dignità e di purezza nei confronti dell’umanità, come solo Luigi Comencini prima di lui.
Da quell’ultimo anno di liceo dove iniziò a frequentare il cinema parrocchiale Cinema 1 di Padova e a formarsi lo sguardo, per tutto i suoi film, ha sempre avuto accanto l’amico e attore Roberto Citran che Monteleone e Canale scelgono come Virgilio del documentario per traghettare lo spettatore anche alla scoperta dell’umorismo e del profondo sentire del regista padovano di I vagabondi, Notte italiana, Il prete bello, La giusta distanza, La sedia della felicità.
giovanna barreca