Periferia francese ai giorni d’oggi. Il punto di vista di tre uomini: un padre, un operaio di sinistra (Vincent Lindon) che cresce da solo due figli dopo la morte della moglie, un figlio minore (Stefan Crepon) che ha studiato lettere e sogna di entrare alla Sorbonne di Parigi, un figlio maggiore (Benjamin Voisin) che ha frequentato un Istituto tecnico, ama il calcio e frequentando alcuni amici si avvicina all’estrema destra e alla violenza del branco. Un ragazzo ricco di sogni e uno profondamente disilluso da tutto ciò che lo circonda che, ad un certo punto, non compreso dal padre e dal fratello, smette di cercare il confronto con la famiglia tanto amata e cade.
Così potremmo riassumere il cuore di Jouer avec le feu di Delphine e Muriel Coulin, in concorso all’81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un film formalmente perfetto. Un film di sguardi, di silenzi, di grandissima verità sul nostro momento storico e sulla condizione che vivono centinaia di migliaia di famiglie in tutta Europa. Cosa succede nella trasmissione di alcuni valori? Si può continuare ad amare qualcuno che compie delle scelte opposte alle nostre e che fa del male?
Il film è tratto dal romanzo “Quel che serve di notte” di Laurent Petitmangin che le due autrici francesi hanno adattato, con un approccio anche molto documentaristico soprattutto quando al centro doveva esserci il mondo degli Ultras e dei neofascisti. Un mondo che ci mostrano ma con una dose molto calibrata di scene, per concentrarci e invitare lo spettatore a restare sempre concentrato sulla famiglia, a stare sempre con Pierre, Fus e Luis e viverne, in maniera molto emotiva, tutti i conflitti, come i momenti d’amore e tenerezza.
Un film che difficilmente verrà dimenticato e che speriamo abbia un’ottima distribuzione in sala perché alla fine della proiezione arriva forte la sensazione che esista un antidoto al ritorno del fascismo ed è l’ascolto, è aiutare i giovani a coltivare i loro sogni.
giovanna barreca