Leni Riefenstahl alla fine della Seconda Guerra Mondiale venne arrestata, processata e assolta. I suoi film di propaganda sono arte, non politica e su questo assurdo paradosso la donna ha creato la sua ambiguità, arrivando a dichiarare che: “L’arte è esplorare le cose andando in profondità, l’artista sente le cose più profondamente e vive la vita con tanto fervore, impeto e passione che non rimane spazio per interessarsi alle cose del mondo reale”. Nel sorprendente documentario Riefenstahl di Andres Veiel presentato Fuori Concorso all’81esima Mostra d’arte Cinematografica di Venezia, lo sceneggiatore e regista entra nell’archivio privato della donna e decodifica quel materiale, lo mette in scena svelandone aspetti che probabilmente Riefenstahl non immaginava sarebbero emersi così chiaramente, altrimenti lo avrebbe bruciato come ha fatto con tanto altro molto più compromettente, almeno ai suoi occhi. Oltre cinquanta mila fotografie, interviste, registrazioni audio, pellicole che portano avanti una narrazione che si distacca da quella inventata ad arte dalla donna in tante interviste televisive e articoli che il documentario ci mostra, raccontando come la Germania degli anni Ottanta e Novanta fosse ancora affascinata dalla figura di Leni Riefenstahl. Dopo un’intervista dove la donna venne messa a confronto con una coetanea capace di compiere scelte opposte alle sue durante il Nazismo, tanti simpatizzanti le scrissero e arrivarono a mandarle denaro.
Come afferma Veiel: “Riefenstahl era molto più coinvolta nell’ideologia del Nazionalsocialista di quanto abbia mai detto, era entusiasta. E riceveva delle lettere da Hitler anche quando era qui a Venezia. Era un rapporto intimo”, come probabilmente fu intimo quello con Goebbels anche se lei arrivò a confessare di essere stata violentata dal gerarca. Film demagogici come Trionfo della volontà e Olympia tornano in piccoli frammenti sullo schermo – come tutta la sua filmografia – ricordando come la regista esaltasse il corpo sano, come abbia continuato in tutta la sua via a guardare dall’alto in basso la malattia, che era parte della sua propaganda e, purtroppo – come sappiamo – parte integrante dell’orribile ideologia nazista.
Un film necessario, un vero bisogno per il regista perché: “Osservando il mondo di oggi, l’eredità di Riefenstahl, reinterpretata alla luce dei suoi scritti e documenti privati, offre l’opportunità di una nuova prospettiva sulla fascinazione rispetto alla maestosità del Terzo Reich e la necessità di glorificare i corpi perfetti, vittoriosi e muscolosi, una necessità che si sta riproponendo prepotentemente nella nostra società odierna”. Quindi, come capita spesso, un lavoro su archivi del passato che sanno raccontarci e accendere spie d’attenzione sull’oggi e su forze magnetiche che possono riportarci nel baratro di una dittatura.
giovanna barreca