L’avamposto di Edoardo Morabito è stato presentato alle Giornate degli autori dell’80esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Ha come protagonista Christopher Clark, un eco-guerriero scozzese che ha creato il suo “Avamposto” nel cuore dell’Amazzonia o meglio, ha tentato di realizzare il luogo perfetto dove natura e tecnologia potessero convivere in equilibrio e armonia. Gestito dagli abitanti della foresta, è un luogo sempre più soggetto a grandi pericoli, dovuti soprattutto a chi non considera la Foresta Amazzonica il polmone verde della Terra, da preservare a tutti i costi, ma un luogo perfetto per nuove speculazioni. L‘Avanposto è soprattutto minacciato dagli incendi e così Clark che è riuscito a creare una scuola, un’infermeria e tanto altro, si inventa un concerto dei Pink Floyd nel cuore della foresta per convincere il mondo e soprattutto il governo brasiliano a istituire una riserva naturale negli ettari di foresta dei quali si prende cura da anni.
Il film è così un’opera sincera, in cui convivono il senso della vita, il senso della lotta, un’idea di arte e di un mondo che rischiano di scomparire per sempre.
Con il regista, durante l’intervista, ci siamo soffermati prima di tutto sul senso dato all’incipit del film: “Siamo condannati alla civiltà. O ci integriamo o scompariamo” per poi passare al suo incontro con Clark e come, con la macchina da presa, abbia scelto di seguirlo e come poi, nel corso della scrittura del documentario, sia diventato necessario inserire il loro rapporto, all’interno della narrazione.
Edoardo Morabito, montatore affermato, con I fantasmi di San Berillo – il suo primo film da regista -, vinse il premio per il Migliore documentario al Torino film festival del 2013 e, alle Giornate degli autori, presenta questa sua seconda opera che in Italia verrà distribuita da Luce Cinecittà.
giovanna barreca