Cecilia Strada, a Venezia come presidente della giuria di Bookciak, Azione! 2022 – concorso cine-letterario, ideato e diretto da Gabriella Gallozzi – rivela di aver amato molto i corti visionati (opere di 3 minuti) e soprattutto di aver apprezzato lo sguardo dei giovani partecipanti che si sono ispirati a romanzi, fumetti e racconti. “Mi è piaciuto molto lo sguardo di queste giovani donne e giovani uomini che si sono cimentati con temi di cui spesso si preferisce non parlare, dalla storia di un amore tra uomini migranti in Cile a inizio Novecento (Radici di Giulia Marilungo), al tema delle badanti straniera in Itali (Due case di Beatrice Perego), al tema delle mestruazioni (Il periodo di Giulia De Maggio, Ambra Lupini, Sara Maffi). Penso che il valore del cinema e della cultura sia esattamente quello di parlare delle cose di cui gli altri non vogliono parlare. Per esempio in Italia si ha paura di parlare e di lavorare sul tema della salute mentale, c’è uno stigma impressionante e pauroso. Non la si vuole mai guardare in faccia perché se li guardiamo da vicino ci accorgiamo che nessuno è normale”.
E approfondendo il discorso sull’arte visiva e sul potete delle immagini, l’attivista per anni presidentessa di Emergency e dal 2008 in prima linea nel soccorso in mare con ResQ People Saving People, ha condiviso una sua riflessione: “L’immagine non è mai neutra e a volte ci illudiamo che parli da sé e racconti a tutti la stessa storia. Negli ultimi anni ci sono state delle immagini per me incontrovertibili, raccontavano una storia e una sola: la storia di persone che rischiavano di morire in mare ed erano state salvate; invece quelle immagini sono state storpiate e usate nel senso opposto. Per quanti mesi si è parlato dell’immagine di Josefa, di una donna con lo smalto. Hai visto che non era una naufraga, hai visto che non soffriva, che non stava male? La verità è che si trattava di una donna che aveva visto la morte in faccia, aveva visto morire le sue compagne e compagni e le hanno messo lo smalto per distrarla da una situazione di shock. Per mesi si è parlato solo dello smalto. Il lattante morto che la gente ha persino detto fosse un bambolotto. Un’immagine non parla da sé, ha un valore e va scattata ogni volta che se ne ha la possibilità ma non sempre va pubblicata. Anche per una questione di rispetto per le persone. Noi siamo i soccorritori ma la vita è quella delle persone che soccorriamo. Io non so usare la macchina fotografica, uso le parole”.
Parole usate a sproposito e tanto di più in campagna elettorale quando si affronta il tema dei migranti e si usa la parola invasione. C’è chi ci costruisce una carriera e chi ci lascia la pelle” sottolinea Strada facendo notare che spesso, davanti a numero oggettivi, si entra in grandissime contraddizioni. “In un solo mese, durante la prima ondata di arrivi abbiamo accolto circa 60 mila ucraini che sono lo stesso numero di persone arrivare via mare in tutto l’anno precedente. Giustamente e doverosamente nessuno si è lamentato”. No invasione ma tragedia, quella dei migranti che sono respinti in Libia dal mezzo del mare con le motovedette pagate con le tasse italiane (vergogna europea). Una storia che purtroppo si ripete ciclicamente con lo stesso orrore e cita la storia del transatlantico Louis nel 1939, una nave che trasportava o avrebbe dovuto trasportare gli ebrei in un posto sicuro per scappare alle persecuzioni naziste. Purtroppo vengono respinti da tutti.Il responsabile canadese dell’immigrazione affermò persino che tutti gli europei non potevano stare in America. La nave torna in Europa e di quel carico di uomini, donne e bambini si salveranno solo quelli smistati verso l’Inghilterra, mai invasa dai nazisti. “Ecco, era il 39 e sono abbastanza sicura che, con i tempi della storia, guarderemo chi salva la gente – come cercò di fare il comandante Gustav Schröder – e a chi diceva invece porti chiusi come guardiamo i nazisti”. Con rammarico, concludendo il discorso sulla campagna elettorale, osserva che tutto si sta concentrando in una penosissima guerra contro i poveri: “Purtroppo ci aspettano mesi duri ma spero che siano anche mesi di risveglio perché si ricominci di parlare di mare, di persone che muoio, di persone che dovrebbero vivere e di come far sì che le persone non muoiano più. E di diritti perché dobbiamo riuscire a saldare le lotte per i diritti perché, fino a quando ognuno si occupa del suo piccolo orto dei diritti, saremo sempre perdenti. I diritti si garantiscono insieme”. E rispetto ai diritti, a come si sia formato il suo senso di giustizia ricorda come fondamentale, quando era ancora una ragazzina, fu la visione di Grido di libertà di Richard Attenhorough e ricorda una battuta:”L’arma più potente nelle mani dell’oppressore è la mente degli oppresssi”.
Concludiamo rivelando che a vincere il concorso sono state 6 giovani registe: Giulia Di Maggio, Ambra Lupini e Sara Maffi premiate per Il periodo liberamente ispirato a imperfetto futuro di Paola Salvadori (LiberEtà), Beatrice Perego sul podio con Due case liberamente ispirato a Sindrome Italia. Storia delle nostre badanti di Tiziana Francesca Vaccaro e Elena Mistrello (BeccoGiallo edizioni), provenienti da Centro Sperimentale di Palermo diretto da Costanza Quatriglio, Giulia Marilungo con Radici, liberamente ispirato a Ninna nanna delle mosche di Alessio Arena (Fandango Libri) e Manola Massimo con Bad Vibes, liberamente ispirato a Neroconfetto di Giulia Sara Miori (Racconti).
I corti vincitori, dopo la Mostra, verranno proiettati anche in diversi altri festival e premi: Premio Solinas, Festival Premio Emilio Lussu, Festa di Cinema del Reale, Le Giornate della Luce, Pesaro Film Festival, Cinema d’iDEA per concludere il tour a Parigi, al Festival Vo-Vf. Traduire le monde e all’OtherMovie di Lugano.
giovanna barreca