Leningrado negli anni Settanta, una città pronta a festeggiare l’anniversario della Rivoluzione. Un giovane trentenne non riesce a partecipare emotivamente perché oppresso dal regime brezneviano in atto. Sergej Dovlatov (Milan Marić) – raccontato in Dovlatov – I libri invisibili di Alexej German Jr – è già uno scrittore che in ogni suo testo non lesina critiche, arricchendo tutto con estro e ironia non apprezzati e censurati. Ogni suo pensiero sembra non poter circolare liberamente nella città che tanto ama e “se non vieni pubblicato è come se non esistessi. E io sono stanco di non esistere”.
Non è capace a scrivere pezzi celebrativi e non sa come concludere il suo romanzo, al quale lavora ormai da tempo. Nella voce del pensiero di Sergej si colgono le variazioni, gli scarti, le acute riflessioni di una mente libera che farà di tutto per potersi esprimere, a costo di lasciare ogni cosa a lui cara (come l’amata e pragmatica moglie Lena) e fuggire in America.
Nella sua condizione di autore proibito anche altri scrittori, come l’amico Josif Aleksandrovič Brodskij (Premio Nobel per la letteratura nel 1987), Evgenij Borisovič Rejn, Anatolij Genrichovič Najman, Sergej Vol’f e tutti i pittori dell’avanguardia russa (come Shalom Schwartz) che hanno cercato di mantenere un’ integrità artistica e morale. Non iscritto all’ Unione degli scrittori sovietici Dovlatov pensa e dichiara apertamente che: “l’indipendenza culturale è un atto di eroismo”.
Quello che oggi è uno dei più amati e studiati scrittori russi viene raccontato per immagini, in alcuni giorni cruciali della sua esistenza, nel novembre 1971. Ecco cosa decide di mettere in scena, attraverso il cinema, il regista Alexej German Jr che da tempo aveva in cantiere questo progetto, nato dopo la lettura soprattutto di La valigia (Čemodan) e Noialtri (Naši).
Nel film ci sono le opere di Dovlatov, la sua voce e soprattutto ciò che i suoi occhi, le sue soggettive raccontano dell’incedere delle emozioni contrastanti che lo animano. Su tutto domina una resistenza e una speranza per l’avvenire. Grande cura è stata data all’ambientazione che doveva ricreare un luogo che oggi non notevolmente mutato e invece era fondamentale raccontarne gli spazi in interno e in esterno attraversati dallo scrittore (e per farlo il regista usa lunghi piani sequenza) che spesso sembrano assorbirlo, come capita alle sue opere che esistono ma il regime nasconde. I luoghi e la loro luce e meglio, come lo scrittore – da tutti definito anche molto bello, con tratti particolari, frutto delle sue radici ebraiche e armene – la percepiva sono uno degli elementi di maggior pregio dell’opera, per entrare fortemente nella psicologia dello scrittore.
Dopo l’Orso d’Argento per lo straordinario contributo artistico a Elena Okopnaya per i costumi e le scenografie, la presentazione in anteprima italiana al Torino film festival del 2018 (in Festa Mobile), l’essere stato designato Film della critica (“Se Dovlatov subì in vita l’ostracismo di Stato vedendo le sue opere censurate, German gli concede attraverso il cinema una rivincita impensabile: quella di veder trasformato il testo in immagine, in grado con la sua potenza immateriale di divincolarsi dalla censura, e di tornare in vita”), Dovlatov – i libri invisibili arriva nelle sale italiane dal 4 novembre, distribuito da Satin film.
Grazie per la traduzione alla scrittrice e studiosa di lingua e letteratura russa Eugenia Gaglianone.
giovanna barreca