Sul campo medio di Antonio Pennacchi che guarda in macchina e spiega che esistono due modi nei quali nascono le città: “C’è la città divenuta, figlia di un processo progressivo e spontaneo e la città fondata: non c’è nulla e qualcuno stabilisce un progetto”, lo spettatore – dopo un prologo iniziale – entra nel cuore del tema del documentario Città Novecento di Dario Biello, presentato in anteprima alla sedicesima edizione della Festa del cinema di Roma, sezione Riflessi.
Facendo uscite questo tema dalle università, dai corsi di architettura del paesaggio Dario Biello scrive e poi dirige un’opera sviluppata su tre livelli: le interviste a Massimo Cacciari, Emilio Gentile, Luigi Prestinenza Puglisi, Claudia Conforti, Maurizio Morandi, Marzia Marandola, Giorgio Novello, le immagini di archivio dell’epoca e scene ricostruite (attraverso la fiction) dei protagonisti delle città in fase di costruzione nell’Italia di Giolitti, nell’Italia che aveva tante zone da bonificare e tante fabbriche da far sviluppare. Intanto a queste grandi aziende era necessario costruire gli alloggi per gli operai sia per motivi ideologici (cercare di creare una comunità organica), sia per puri interessi economici perché in tali villaggi dominava l’etica del lavoro. Traghettatore tra le immagini di ieri e quelle di oggi e voce narrante, l’attore Alessandro Haber.
L’industriale Adriano Olivetti fece un lavoro in tal senso a Ivrea, intorno alla sua fabbrica. Città Novecento si concentra su Colleferro. “Il villaggio continuava a crescere e con esso la fabbrica. Bisognava trovare un progettista capace di avere una visione d’insieme e la capacità di vedere l’armonia della forma all’interno della funzione architettonica. Quel progettista fu Riccardo Morandi“. Progettista, ingegnere entrato, come si precisa più avanti, nel mondo dell’architettura dalla porta di servizio. Dal crollo del suo ponte sul Polcevera a Genova il 14 agosto 2018, Morandi è diventato noto in tutto il mondo ma in Colleferro – Città della Cultura della Regione Lazio 2018 – ha sviluppato e studiato il suo progetto più ambizioso e lungo un’intera vita. Inizia nel 1938, ha solo trent’anni ma già una grande esperienza e gli viene data la possibilità di progettare tante unità abitative e un albergo trasformando così il villaggio operaio in città. Nel film si spiega che tutto partì dalla chiesa della piazza e dalla sua intuizione che fosse meglio costruire in cemento armato precompresso (cioè compresso prima dell’insorgenza dei carichi esterni).
Città Novecento, come ci svela lo stesso Biello all’inizio della nostra intervista è anche il titolo di una serie di episodi che vogliono raccontare le città di Fondazione, dai villaggi, alle città operaie, alle ricostruzioni degli anni Sessanta, fino a quelle più contemporanee come Milano 2 e Tolomeo, fino alle città di Fondazione del futuro. “Ciò che spinge l’intero progetto è sottolineare il valore di questi luoghi a prescindere da una logica turistico attrattiva e quanto sia importante che, per rigenerarsi, tornino a lavorare. Ovviamente con ingredienti nuovi ma devono tornare a ciò che portò alla loro creazione”, chiosa l’autore.
La serie è una produzione Filmedea, in collaborazione con Luce Cinecittà.
giovanna barreca