Alfredo Cecchetti è tra i 27000 mila italiani che nel 1939, quando l’Italia di Mussolini occupa l’Albania, viene mandato – come operatore dell’Istituto Luce – nel paese con tanti operai e tecnici che mettono mano alle infrastrutture del paese e prendono possesso dell’amministrazione. Nel 1944 il paese viene liberato, il regime comunista chiude i confini e gli italiani restano bloccati nel paese. Così Alfredo Cecchetti si ritroverà, dopo aver girato centinaio di metri di pellicola delle parate del Duce, della folla che lo osannava, a girare altre immagini di regime ma di quello comunista. Testimone di una storia che cambia ma che, sotto diversi aspetti, ripete i suoi riti e le sue follie. Un occhio che filma e registra.
Roland Sejko, mettendo mano agli archivi dell’Istituto Luce e dell’archivio centrale del film d’Albania, ritrova questa storia straordinaria e scrivendo soggetto e sceneggiatura realizza La macchina delle immagini di Alfredo C, presentato in Orizzonti Extra alla 78esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nel film le immagini dell’epoca, molte girate da Alfredo e una parte di fiction girata dal regista che costruisce il magazzino di Alfredo, interpretato da Pietro De Silva, dove l’uomo fa girare su una vecchia moviola la sua pellicola, la Storia vista e filmata con i suoi occhi.
“Scatole di memoria che sono diventate anche un viaggio nella pellicola di questi anni e della sua evoluzione” aggiunge Sejko, durante la nostra intervista in esclusiva, precisando che -essendo un film in pellicola – la parte di fiction non poteva che essere girata in pellicola con un grande interprete come De Silva che è entrato nello spirito del film e un direttore della fotografia (Niccolò Palomba) che, con una luce molto calda, ha reso il luogo ricco di fascino. La scenografia di Giulia Chiara Crugnola crea uno spazio che sa esprimere il giusto tono di decadenza ed entra in contrasto con la vitalità negli occhi del protagonista che rivede la sua vita, attraverso quanto girato dalla sua cinepresa. Un luogo dove si scende attraverso lunghe scale di ferro come se fosse un luogo della memoria nascosta. “Un po’ come un labirinto dove ci si perde. Un lavoro sulla memoria che è sotterrata e deve essere portate in superficie”.
La macchina delle immagini di Alfredo C è energia, scrittura, sfondo, spazio, archivio, occhi per capire meglio l’oggi. Lo consideriamo tra i film più ricchi di fascino visti durante l’intera Mostra e ci auguriamo l’Istituto Luce-Cinecittà lo porti presto in sala.
giovanna barreca