Dopo la vittoria con Desde Allà nel 2015, Lorenzo Vigas torna, in concorso, alla 78esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con un film dolente e doloroso con al centro un giovane che va a prendere da solo – perché la nonna non può affrontare il lungo viaggio – i resti del padre, trovati in una fossa comune. Mentre sta per tornare a casa, Hatzin (Hatzín Navarrete) vede un uomo per strada che assomiglia molto al genitore e così scende e lo incontra. Per tutto il film c’è una sorta di corsa verso quest’uomo, verso la ricerca di un’identità che lo aiuti ad affrontare il futuro e diventare uomo.
La perdita del padre, la ricerca di figure anche politiche forti che in una cera maniera provino a compersarle (vedi Peron o Chavez) sono una questione che sta molto a cuore al regista che torna per la terza volta su questa tematica – dopo il corto Los elefantes nunca olvidan e Desda allà). “Il padre non è mai presente e lo abbiamo idealizzato e rappresentiamo ciò che non abbiamo in casa con personalità politiche molto forti” afferma durante la nostra intervista per rafforzare questo concetto e l’urgenza di tornare sul tema.
Una vera e propria ferita aperta per tutta l’America Latina e in particolar modo per un paese giovane come il Messico, paese d’adozione ormai da vent’anni per il regista venezuelano.
Nota di merito per il giovane interprete alla sua prima volta sul grande schermo che, per la capacità di regalare all’occhio della macchina da prese le emozioni interiori per personaggio, meriterebbe sicuramente un riconoscimento.
giovanna barreca