Danielino (Germano Gentile) è un celerino nero di Roma che crede nel suo lavoro e che nel corpo della Polizia – come sottolinea il suo capo – ha trovato una famiglia pronta ad accoglierlo e sostenerlo. Prima di arruolarsi si è fatto una promessa: se lo avessero messo contro la sua famiglia naturale, se ne sarebbe andato. La sua famiglia di origine nigeriana, formata dalla madre e dal fratello vive – come lui prima di sposarsi -, in uno stabile occupato nel centro della città, a pochi metri da Piazza San Giovanni con tante altre famiglie italiane e straniere.
Cosa fare quando il suo reparto devo andare a sgomberare lo stabile per restituirlo alla proprietà?
Il soggetto e la sceneggiatura del corto Il legionario, realizzato dal giovane Hleb Papou come film di diploma al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, già si poneva questo dilemma, mostrando il giovane (interpretato già da Gentile) dilaniato da questo conflitto. Nel lungometraggio omonimo, presentato in anteprima mondiale in Cineasti del presente, al Festival di Locarno (4-14 agosto 2021), sceneggiato sempre da Papou con Giuseppe Brigante ed Emanuele Mochi, il nucleo centrale resta sempre lo stesso ma viene sviluppata molto meglio, offrendo un nuovo punto di vista, tutta la parte legata all’occupazione, alle tante anime che abitano lo stabile e allo scontro continuo tra Daniele e il fratello Patrick (Maurizio Bousso), entrambi nati e cresciuti in Italia.
Non volendo essere esplicitamente un film politico, il film si pone diversi interrogativi sociali, primo tra tutti il diritto alla casa, ad avere -come si dice nel film – un tetto raccontando anche un fatto realmente accaduto quando le autorità staccarono la corrente al palazzo occupato e ci fu l’intervento dell’Elemosiniere del Papa che personalmente andò a rompere i sigilli.
Una produzione italo-francese per un film che dopo Locarno e immaginiamo tanti altri festival in giro per il mondo, arriverà nelle sale cinematografiche italiane distribuito da Fandango. Un film, Il legionario, che ha il coraggio di mettere a confronto due mondi, per motivi diversi molto chiusi in sé stessi e che sa raccontare, tratteggiandola con grande rispetto senza mai cadere in stereotipi, una nuova generazione di italiani consapevoli dei costi e delle conseguenze del loro crescita in un paese che velocemente si sta modernizzando.
Papou, classe 1991, con doppia cittadinanza bielorussa e italiana, ci racconta l’importante lavoro di ricerca sul campo con lunghi periodi passati nello stabile occupato, come nel reparto della Celere di Roma, che gli hanno permesso di conoscere meglio entrambe le realtà e che lo hanno arricchito molto come persona. “Volevamo essere molto attuali. Oggi le Olimpiadi ci hanno mostrato un’Italia multietnica ma non è così solo a livello sportivo ma della società. L’obiettivo era raccontare l’Italia del presente”. Durante l’intervista ci ha spiegato anche come un budget ridotto e solo 19 giorni di riprese abbiamo anche imposto alcune scelte stilistiche.
Nel film anche un piccolo cameo di Sabina Guzzanti.
Buon ascolto!
giovanna barreca