Il dettaglio di un piccolo oggetto dorato (un gioiello etrusco) in un angolo di fiume, una mano che lo raccoglie e poi lo sguardo dell’uomo protagonista riflesso dallo specchio d’acqua permettono allo spettatore di conoscere Luciano, figura leggendaria così tante volte narrata dai cacciatori della Tusca che, dopo questo prologo, sono protagonisti della seconda scena del film. Veri cacciatori e veri abitanti del luogo che per la terza volta – dopo il corto Belva nera e il documentario Il solengo – ispirano il soggetto di un nuovo film di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis.
Re Granchio, presentato in anteprima mondiale alla Quinzaine de Réalisateurs al Festival di Cannes 2021, nasce da un racconto popolare che ha avuto bisogno di diventare, questa volta, film di finzione perché la storia era molto frammentata, perché delle gesta di Luciano si conosce poco, quasi nulla, soprattutto quando l’uomo fugge in America Latina, nella Terra del fuoco. Tra un piatto di spaghetti al sugo, un bicchiere di vino, tra le risate dei più, viene cantata la storia del: “Figlio del dottore mezzo matto che col fuoco e col furore giustizia ha fatto” perché Luciano, a Vejano, alla fine dell’Ottocento – tra principi e povera gente – era il figlio del dottore del paese, dedito all’alcool che dopo diversi incontri, si innamora della bella e determinata Emma (Maria Alexandra Lungu). In un tentativo di proteggerla, guidato soprattutto da una forte rabbia commette il peggiore dei crimini ( il fattaccio di Sant’Orsio, titolo del primo capitolo del film) e, aiutato dal padre, invece di finire in prigione, si imbarca e fugge dall’altra parte del mondo. Qui con diversi marinai, aiutato da un granchio rosso, va in certa di oro, provando soprattutto a combattere i fantasmi della sua vita precedente in Italia e i tanti rimorsi nei confronti di Emma.
Non conoscendo nessun risvolto della storia di Luciano nella Terra del fuoco, i due registi in Argentina hanno ascoltato le tante storie dei migranti italiani giunti lì nei secoli e, in fase di scrittura, hanno fatto in modo che nella vicenda dell’uomo ci fossero quelle storie di migrazione e di perdizione che hanno coinvolto tanti nostri connazionali.
Durante la nostra intervista scoprirete cosa i registi amano del cinema western e perché nella fuga di Luciano si possono ritrovare richiami ad un desolato western fordiano di mare. Inoltre ci hanno raccontato come sia stato scelto Gabriele Silli che è mappa del film col suo viso e il suo passo, all’inizio incerto per raccontare l’inquietudine di Luciano e lo stato di perenne ebrezza alcolica, poi l’innamoramento e poi l’uomo accecato dall’odio e dalla gelosia per terminare con l’esploratore disperato, pieno di rimorsi che sopravvive combattendo, ogni giorno, contro i suoi demoni.
Come detto anche durante l’intervista, l’aspetto di maggior pregio del film è legato alla musica, ai canti orali e a come sia stata costruita la perfetta relazione di dialogo con le immagini.
Il film è una produzione Ring film con Rai Cinema e con Volpe Films, Wanka cine e Shellac; verrà distribuito, in Italia, da Luce Cinecittà.
giovanna barreca