Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane
Rebecca, il remake per la tv inglese del film di Alfred Hitchcock sul romanzo immortale di Daphne Du Maurier – PARTE II
(Rubrica a cura di Erminio Fischetti)
09/12/10 – Torniamo ad analizzare, dopo avervi lasciati in sospeso la scorsa settimana, la struttura della miniserie inglese Rebecca, basata sul romanzo di Daphne Du Maurier, già immortalato dalle immagini dello splendido film di Alfred Hitchcock. La messa in scena del prodotto degli anni Novanta, come è tipico delle produzioni tv inglesi, è molto curata. La scenografia, i costumi, la potente e ridondante colonna sonora permettono allo spettatore di entrare in un mondo pieno di menzogne, sotterfugi e bugie a cui pian piano la giovane protagonista saprà dare una spiegazione. La fotografia usa toni freddi che riescono ad analizzare in modo eccezionale la mancanza di vita che fino a quel momento contornava l’ambiguo castello di Manderlay e, soprattutto, quello che si cela dietro la morte della bellissima prima moglie, che a detta di tutti Maxim avrebbe amato alla follia. La realtà, però, è ben diversa e i pochi spettatori ignari della storia lo possono capire secondo il lento dipanarsi della vicenda.
Oltre ai suoi pregi di costruzione, la serie tv ha il merito di aver fatto conoscere al mondo il talento dell’allora esordiente Emilia Fox, attrice straordinaria che in questo caso specifico è molto intelligente nel saper portare alla luce un personaggio capace di uscire dalla propria innocenza per capire quello che si cela dietro la costruzione di un mito inesistente. La seconda signora De Winter, sebbene timida e appartenente ad una classe sociale di estrazione piccolo borghese, è l’unica a comprendere e a perdonare il marito che, come si scopre verso la fine della narrazione, precedentemente aveva ucciso Rebecca. Questo, tra l’altro, era un elemento reso poco chiaro nel film del 1940 (affinché si potesse rientrare nei parametri di auto-censura dell’imperdonabile codice Hays), mentre in questo caso viene analizzato in modo molto più dettagliato e critico. Infatti, la natura ambigua di Max viene messa in risalto, quasi come per quella della signora Danvers. Quest’ultima, a sua volta, è impersonata, da una meravigliosa Diana Rigg che meritatamente si guadagnò, nel 1997, un Emmy come miglior attrice non protagonista in un film per la televisione o miniserie. L’ambiguità del suo personaggio è, in fondo, il motore di tutta la vicenda che spinge la seconda moglie ad interessarsi alla vera personalità di Rebecca. Non traspare mai nei modi servizievoli ed educati della governante un atteggiamento di evidente astio nei confronti della nuova arrivata. Il dolore e la malvagità della donna sono tutti interiori, quasi inespressi, come a sancire la meticolosità con i quali la società inglese di quei tempi celava i suoi sentimenti. In fondo, è proprio questo il nocciolo della questione. Oltre ai sentimenti e all’amore inespressi che la donna prova ancora nei confronti di Rebecca. Nella scena in cui mostra la stanza alla giovane seconda sposa, tutto questo viene fuori nell’interpretazione della straordinaria Rigg.
Fondamentalmente, anche dopo anni e anni di adattamenti la televisione inglese rimane regina del genere. Ne comprende i meccanismi e i punti forti riuscendo a portare nelle case degli spettatori l’essenza e l’impareggiabile raffinata eleganza, ma allo stesso tempo valuta l’evoluzione dei tempi e quindi le necessarie modifiche al tono del racconto.
Rebecca
Regia: Jim O’Brien
Cast: Charles Dance, Emilia Fox, Diana Rigg
Produzione: UK/USA, 1997
Durata: 190’
Distribuzione originale: 4 gennaio 1997 su ITV, 13 aprile 1997 su PBS
Distribuzione italiana: inedito