Elisa Amoruso ricorda l’estate del 1989 come calda e caratterizzata sempre dalle bizzarrie del padre che vendeva macchine fotografiche a Porta Portese e una volta portò a casa un tavolo da biliardo perché diventasse il tavolo della sala da pranzo, nella loro nuova casa in periferia. Quell’estate la giovane regista, ancora adolescente conobbe una coetanea che veniva dal Sud America.
Da questi elementi autobiografici si è sviluppata la scrittura della sceneggiatura di Maledetta primavera e ancora prima di Sirley, il romanzo di Amoruso, edito da Fandango libri. Il film, prima opera di pura finzione della regista, è stato presentato oggi alla Festa del cinema di Roma, nella sezione Riflessi.
La protagonista del film è Nina (Emma Fasano, al suo debutto come attrice), tredici anni che, con la sua famiglia, è costretta a lasciare il centro di Roma e vivere in periferia, nel quartiere che la madre (Micaela Ramazzotti) detestava da ragazza ed era stata così felice di lasciare. Casermoni alti e chiusi con terrazzi coperti da grandi tende sono il suo nuovo orizzonte e la prima volta che si affaccia dal balcone e scruta il complesso viene attratta dalla musica della lambada e dal ballo così sensuale di una sua coetanea. La sua nuova scuola è diretta dalle suore e quando entra in classe, per la prima volta, alla finestra a fumare c’è quella stessa giovane che attrae nuovamente la sua attenzione perché sembra disinvolta ed è diversa da tutti gli altri coetanei. Quella ragazza, che diventerà anche la sua nuova compagna di banco, è Sirley (Manon Bresch), proveniente dalla Guyana francese e, come Nina, un po’ abbandonata a sé stessa. Sirley si rifugia nel francese (sua lingua madre) per non comunicare con gli altri e vorrebbe essere la Madonna nella processione dell’Assunta del 15 agosto, non tanto per fede ma per fascinazione nei confronti della Santa e perché, per un paio d’ore, sarebbe vista, ammirata e apprezzata da tutti. Nina e Sirley si sentono invisibile agli altri e si nutriranno per la prima volta, delle attenzioni reciproche che sanno regalarsi. Allo stesso tempo, attraverso gli occhi di Nina, lo spettatore entra nella storia d’amore tra i genitori della ragazza, con una madre fortemente innamorata di un uomo che non sa conoscere le priorità di una famiglia e che non le offre la possibilità di sentirsi mai davvero serena.
I colori caldi dell’estate, i colori del tempo, le canzoni dell’epoca – prime tra tutte la Lambada, I like Chopin e Maledetta primavera del titolo – e quel bisogno d’attenzione sono gli elementi con i quali la regista esplora una delle fasi più complesse e affascinanti della vita: il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. La macchina da presa indugia su ciò che soggettivamente attrae e colpisce Nina e lo spettatore condivide il suo mondo interiore: le sue fascinazioni, le sue paure, i non detti che la ragazzina non comprende, il calore di un contatto nuovo che vuole vivere totalmente, così come la sensazione di disagio e il dover fare i conti, per la prima volta, con un forte dolore. E poi, proprio perché Nina, guarda con indulgenza e affetto a quel padre (Giampaolo Morelli) un po’ maneggione e infantile e a quella madre spaventata e smarrita, così anche lo spettatore prova verso di loro una sorta di affetto.
Impegnata da anni come sceneggiatrice e autrice di film documentari (Furistrada, Strade perdute, Bellissime, Chiara Ferragni:unposted) in questo primo film di finzione la regista inserisce non solo diversi elementi autobiografici ma una sua netta visione di quel periodo così intenso dell’adolescenza fatto di momenti di grande solitudine e ispirazione, come quando vediamo Sirley vagare da sola o Nina nel centro di un campo abbandonato con il suo sassofono e di grandi passioni quando si scopre l’altro e qualcuno che sembra interessato a te, interessato a passare del tempo con te e sta bene in tua compagnia. Qualcuno che, per la prima volta, non fa parte della tua famiglia.
Nella nostra intervista la regista ci spiega come siano merito delle novità portate dagli attori se la sceneggiatura differisce, in diversi elementi, dal libro e come le interessasse esplorare il percorso intimo e sociale di Nina.
giovanna barreca